PALERMO – Molto si muove al centro, soprattutto dalle parti del centrosinistra. Lo strappo di Renzi, che ha abbandonato il Pd mettendosi in proprio con un partito su misura, è stata la novità di questi giorni. E i centristi del centrodestra? Finiranno attratti dalla nuova creatura renziana o sgomiteranno ancora per costruirsi uno spazio moderato in una coalizione sempre più sovranista? Roberto Lagalla, assessore regionale alla Formazione e centrista, è molto freddo sull’operazione renziana. Ma ritiene che i moderati di centrodestra debbano lavorare per riequilibrare i rapporti della coalizione.
Assessore Lagalla, come vede la scissione di Matteo Renzi, è una realtà che in prospettiva vi interessa?
“In questo momento l’operazione di Renzi mi è parsa più una manovra interna al centrosinistra per l’acquisizione di una maggiore autonomia di manovra di Renzi rispetto al governo attuale. Nella prospettiva può trasformarsi da operazione parlamentare in una operazione politica più vasta. Ma in questa fase non convince in questa direzione, non si vede in questa fase un trascinamento sui territori”.
Ma nei vostri ambienti non è che c’è un certo scetticismo su Renzi, anche alla luce di come si comportò l’ex premier con i moderati ai tempi di Angelino Alfano?
“Se dovessimo guardare a tutti gli esempi recenti in politica non ci sarebbe da trarre messaggi edificanti e affidabili. In linea generale io credo che in questo momento ci sia un attimo di legittima attesa in relazione alle cose che ho detto prima. Quella di Renzi sembra più una prova da laboratorio che una prova di territorio. Può essere l’antefatto a una volontà politica cjhe oggi però ancora non è chiara”.
Ma c’è ancora spazio per il centro nel centrodestra ormai sovranista?
“A livello nazionale in questo momento io credo che ci sia un centrodestra che onestamente è più destra che centro. E probabilmente non scalda fino in fondo i cuori di quell’elettorato moderato che in questo momento a mio avviso si trova disorientato. A livello regionale invece abbiamo fatto un’operazione che ha profondamente segnato il perimetro del centrodestra, che sta lavorando fedelmente in coalizione nel governo Musumeci, esprimendo una larga componente di centro che si rispecchia in tre gruppi parlamentari”.
Insomma, in Sicilia lei dice che il centro è ancora vivo…
“Non è un caso che l’anno scorso a Cefalù abbiamo lanciato un’iniziativa per un ragionamento moderato all’interno del centrodestra regionale. Avvistavamo fin da quel momento il rischio di una deriva più destrorsa. In questo momento l’immagine che si ha in Italia è ben diversa dalla rappresentazione di un centrodestra reale che sta al governo in Sicilia”.
Sì, ma il legame con un soggetto nazionale è necessario. La vostra area alle Europee lo ha avuto con Forza Italia. Resta quello il vostro riferimento?
“Credo che anche Forza Italia stia guardando agli sviluppi futuri della situazione. L’area di centro moderato con Berlusconi osserva gli eventi, una grande variante si avrà quando si sarà chiarito il quadro elettorale, proporzionale o maggioritario, Perché nel primo caso si guarderà sempre più ad alleanze post elettorali, nell’altro si rafforzano le coalizioni. E lì bisognerà lavorare per riequilibrare in senso moderato il perimetro del centrodestra”.
E nel frattempo?
“In Sicilia dobbiamo lavorare lealmente con il governo regionale come stiamo facendo cercando di tenere sempre più vicini i profili dell’area moderata. Il presidente Musumeci si è speso con parole di favore per il ruolo che una politica moderata può avere nel centrodestra: da un esempio regionale possono venire suggestioni per il quadro nazionale”.
È un momento complicato per e istituzioni regionali, soprattutto alla luce delle incertezze sui conti pubblici: come venirne fuori?
“Al di là delle polemiche è chiaro che il problema dei conti viene da lontano. È un problema che questo governo ha responsabilmente il dovere di affrontare anche alla luce di richieste sopravvenute da parte della Corte dei conti. C’è un’esigenza non solo politica ma sociale che è assicurare la tenuta dei conti pensando anche allo sviluppo. L’utilizzazione di fondi strutturali diventa una tematica centrale e a questo il presidente Musumeci sta dedicando grande attenzione”.
Il presidente Musumeci dice di non avere maggioranza. Ma l’opposizione ha 33 deputati, quindi a rigor di matematica una maggioranza seppur risicata c’è. Ma non riesce a garantire un percorso agevole. Quale rapporto con le opposizioni va costruito all’Ars in questo quadro secondo lei?
“Il presidente ha sostanzialmente ragione, la legge elettorale siciliana studiata per un modello bipolare, con un modello tripolare può dar vita a maggioranze con margini estremamente risicati. E questi finiscono, talvolta involontariamente e talvolta volontariamente, per determinare inevitabili difficoltà. Non solo per le assenze, ma per le frizioni che si possono determinare, e che sono fisiologiche. Con le opposizioni bisogna avere dialogo e confronto senza cedere la specificità dei ruoli ma con un interesse unitario: assicurare buona qualità di vita ai siciliani. È chiaro che il senso di responsabilità dovrebbe portare a intensificare il dialogo sulle cose da fare. Certo, il percorso dei collegati non è stato né tra i più facili né tra i più felici della legislatura”.