PALERMO – “Nell’investimento fatto c’erano picciuli ri cristiani”, così Pietro Felice disse al direttore commerciale che con la sua denuncia ha dato il via all’indagine sul centro commerciale Portobello di Carini.
Felice si trova in cella, assieme all’imprenditore Giuseppe Ferdico di cui sarebbe stato il factotum. “Il signor Felice – così si leggeva nella denuncia del manager – mi è stato presentato da Ferdico come suo uomo di fiducia che mi avrebbe potuto dare una mano all’interno della galleria. Di fatto così è stato, perché in varie occasioni ha preso le mie difese in occasione di discussioni avute con alcuni operatori commerciali del centro che erano sfociate in vere e proprie gravi minacce nei miei confronti”.
Il direttore commerciale della società incaricata dall’amministrazione giudiziaria di gestire la galleria ricorda bene la questione di “un operatore economico interessato ad ottenere l’affitto di un locale all’interno del Portobello per vendere elettrodomestici e materiale per l’illuminazione”. L’attività prese il via solo che “ha iniziato a commercializzare, ma non ha mai voluto sottoscrivere il relativo contratto di affitto di ramo d’azienda. Inoltre, era sprovvisto del certificato prevenzione incendio e dell’autorizzazione di inizio attività al Suap. Ho fatto una denuncia al Suap che ha emesso un decreto di chiusura del locale”.
Dopo qualche giorno Felice fece chiamare il direttore commerciale. C’erano dei problemi con alcuni “cristiani’” che gli avevano chiesto informazioni sul suo conto. Erano “mafiosi” che avevano fatto sapere a Felice che bisognava lasciare in pace il commerciante di elettrodomestici “in quanto nell’investimento fatto c’erano i picciuli ri cristiani, ossia i soldi dei mafiosi”.
E qui si apre un nuovo fronte investigativo per scoprire se nel centro commerciale siano stati investiti, e dunque riciclati, i soldi dei mafiosi.