CEFALU’ (PALERMO) – Visite private e ricoveri immediati all’ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù, dove in queste ore sono in corso le perquisizioni dei carabinieri del Nas. Al centro delle indagini c’è il direttore dell’unità operativa di Chirurgia generale, Pierenrico Marchesa: in seguito ad una intensa attività di osservazione e il riscontro sulle carte dell’ospedale, i carabinieri hanno infatti accertato che il primario, con la compiacenza di alcuni colleghi a capo di altri reparti del nosocomio, avrebbe velocizzato l’iter di ricovero per i suoi pazienti privati.
Si tratterebbe di persone che il medico avrebbe visitato privatamente in un ambulatorio di una struttura polispecialistica e in una clinica convenzionata che si trovano della zona del centro di Palermo. Entrambe le strutture, però, non sarebbero state a conoscenza di quanto architetatto da Marchesa. Insomma, il primario, attraverso questo meccanismo, permetteva ai suoi pazienti personali, e non essenzialmente dell’ospedale di Cefalù, di scavalcare letteralmente le liste d’attesa. Il tutto, a scapito dei malati che attendevano da tempo un intervento chirurgico, compresi quelli oncologici che dovevano essere operati al più presto.
Ma, in base a quanto emerge dalle indagini coordinate dal procuratore Alfredo Morvillo e dai sostituti Giacomo Brandini e Simone De Roxas, della procura di Termini Imerese, non sarebbero mancate le operazioni chirurgiche nei confronti di pazienti che non erano nemmeno stati ricoverati al San Raffaele Giglio. Ma come veniva giustificata la somministrazione dei farmaci a questi pazienti “privati”?
Secondo gli investigatori, il loro utilizzo veniva annotato sulle cartelle cliniche di altri pazienti ignari. Una tattica, quella escogitata da Marchesa, che avrebbe alle spalle un grosso giro d’affari che i carabinieri stanno ancora quantificando: non si esclude la complicità di funzionari pubblici.
Nel pomeriggio è arrivata la replica di Marchesa tramite i suoi legali, Rafafella Geraci e Roberto Tricoli: “Il dottor Marchesa attende serenamente l’esito della indagini nella consapevolezza della propria estraneità a qualunque ipotesi di reato e nella convinzione di aver sempre messo a disposizione la sua elevata professionalità nella sanità siciliana ed in particolare quale direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Oncologica dell’Ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù. Una ipotesi accusatoria destituita di fondamento – aggiungono – viene alle volte da pensare che ciò sia il prezzo che ogni talento deve pagare in Sicilia.
Sotto altro aspetto, per un medico è evidente che i pazienti debbano sempre tutti ugualmente usufruire dei servizi di assistenza sanitaria necessaria al caso e nel più breve tempo possibile, ma è certamente competenza del professionista stabilire le urgenze del caso, soprattutto in un reparto quale quello della chirurgia oncologica ove la complessità delle patologie richiede senz’altro una valutazione concreta, urgente e tempestiva, fuori da qualsiasi logica di “privilegio”, ma solo finalizzata a salvare nel miglior modo e nel più breve tempo possibile vite umane”.