Il termovalorizzatore nella Zona industriale è ancora solo sulla carta

Rifiuti, il termovalorizzatore nella Zona industriale è solo sulla carta

L'impianto dovrebbe bruciare 550mila tonnellate di pattume l'anno.

CATANIA – Le pratiche per la costruzione del termovalorizzatore più grande di Sicilia vanno avanti. L’impianto di Si Energy srl, che dovrebbe nascere alla zona industriale di Catania e bruciare 550mila tonnellate di rifiuti l’anno, è ancora solo sulla carta. Ma le procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni ambientali seguono la strada obbligata: alla fine di maggio si è tenuta la terza delle conferenze dei servizi tra l’impresa, i suoi tecnici, e tutte le istituzioni coinvolte nella fase istruttoria. Tra gli uditori, stavolta, erano presenti anche le associazioni Zero Waste Italy e Rifiuti Zero Sicilia che, studi alla mano, hanno depositato un lungo documento per perorare la causa del parere negativo al termovalorizzatore.

Il fabbisogno di incenerimento

Per opporsi al TMV di Si Energy, Zero Waste e Rifiuti Zero partono dalla pianificazione regionale in materia di rifiuti. Il presidente della Regione Nello Musumeci da tempo dichiara la necessità di costruire termoutilizzatori in Sicilia. Almeno due. Un’intenzione confermata nelle carte: il Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani, approvato nel 2021, prevede infatti “il ricorso al recupero energetico dei rifiuti tramite incenerimento – si legge nelle osservazioni delle associazioni – ma rimanda a ulteriori specifici atti di pianificazione, non ancora emanati né sottoposti a Vas (valutazione ambientale strategica, ndr)”.

Cioè: vero è che la Regione Siciliana immagina da tempo di bruciare l’immondizia per ricavarne energia, ma è altrettanto vero che la programmazione è finora generica. O, per dirla con le parole delle associazioni ambientaliste, è una “previsione pianificatoria tuttora incompleta”.

Da questa osservazione, discende la successiva: se non c’è una pianificazione finale, come si fa a sapere quanti rifiuti incenerire? Come si fa, cioè, a calibrare le necessità di incenerimento dell’intera Sicilia? Il rischio sarebbe, spiegano Zero Waste Rifiuti Zero, farsi dettare la linea da “una proposta di impresa privata”. Senza contare che “la quantificazione del flusso dei rifiuti non pericolosi da trattare all’interno dell’impianto Si Energy non considera lo scenario dei competitor“.

Eppure, anche solo a guardare la procedure di valutazione di impatto ambientale attive, il termovalorizzatore di Si Energy è solo uno – il più grande – dei diversi impianti proposti a ridosso dell’oasi del Simeto. A breve distanza ci sono i progetti della Sicula Trasporti e quello della Rem (Realizzazioni e montaggi).

“Il rischio, altissimo e concreto, è che si inneschi un pericoloso processo inverso rispetto alla gerarchia dei rifiuti – scrivono Zero Waste e Rifiuti Zero – Ovvero che per garantire la continuità di funzionamento e la sostenibilità economica di un impianto di incenerimento sovradimensionato, si abdichi alla applicazione severa e rigorosa dei criteri graduati di economia circolare“.

L’impatto sanitario

L’associazione ambientalista passa poi ad analizzare l’impatto sanitario che un impianto di incenerimento avrebbe sull’intera area. Alla base delle contestazioni degli ambientalisti c’è uno studio, realizzato da Zero Waste Europe, sugli inceneritori di Spagna, Repubblica Ceca e Lituania. Il corrispettivo europeo dell’associazione italiana ha analizzato le uova di galline allevate a terra, gli aghi di pino e i muschi delle zone vicine all’inceneritore, rilevando la presenza di “inquinanti organici persistenti”.

“La maggior parte delle uova analizzate supera i limiti definiti dall’UE per la sicurezza alimentare”, aggiungono Zero Waste e Rifiuti Zero nelle osservazioni contro l’impianto di Si energy. E aggiunge: “L’analisi della vegetazione, degli aghi di pino e dei muschi in prossimità degli inceneritori mostra alti livelli di diossine”. Da cui deriva, secondo le associazioni, la concreta possibilità che sostanze dannose per la salute umana entrino nella catena alimentare.

“Tutto questo considerando soltanto le emissioni atmosferiche degli inceneritori – prosegue il documento – Ma di fatto quantitativi ben maggiori di tali sostanze si trovano nelle scorie, ovvero nelle ceneri pesanti prodotte dagli inceneritori, il più delle volte smaltite nelle classiche discariche assieme ai RSU, e, ancor di più, nelle ceneri leggere, che vanno smaltite in discariche per rifiuti pericolosi”. Per sfatare il mito, concludono le associazioni, “secondo cui gli inceneritori costituiscano la soluzione alternativa rispetto alle discariche”.


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