In tribunale, con l’accusa di aver portato i fiori al figlio morto. E’ la storia di Alessio Feniello, padre di una delle ventinove vittime, che due anni fa persero la vita sotto una valanga, in un hotel di Rigopiano (Pescara).
L’uomo aveva forzato i sigilli disposti sulla struttura in cui è avvenuta la tragedia, con l’intento di portare dei fiori in ricordo del figlio morto. Un gesto d’amore che però gli è valso una multa di ben 4550 euro. Così, Feniello si è subito opposto al decreto di condanna ma – per contro – il gip del Tribunale di Pescara, Elio Bongrazio, ha disposto nei suoi confronti il giudizio immediato. Il processo è stato fissato per il prossimo 26 settembre.
Ma la vicenda sta già scatenando numerose polemiche. “Vi sembra normale che in Italia i magistrati – ha commentato lo stesso Feniello, intervistato dal Fatto Quotidiano – dopo che mi è stato ucciso un figlio, sprechino denaro pubblico (e le loro energie) per mandarmi a processo solo per aver portato fiori dove hanno ammazzato il nostro ragazzo? È una vergogna. Una vergogna“.
Solidarietà all’uomo anche dal vice premier Matteo Salvini, che ha affermato di volersi presentare in aula al suo fianco.