Vittoria, il ragazzo sequestrato si presenta in commissariato

Vittoria, il ragazzo sequestrato si presenta in commissariato. Sta bene

Incubo finito, ma ci sono tante circostanze da chiarire

VITTORIA (RAGUSA) – L’incubo finisce intorno alle 21, esattamente 24 ore dopo essere iniziato. Il ragazzo di 17 anni, rapito giovedì sera, si presenta in commissariato. Sta bene, ma adesso bisogna chiarire ogni passaggio della vicenda. Nessun riscatto è stato pagato e neppure chiesto.

Due Panda, quattro uomini

I tasselli vanno messi a posto. Tutto inizia alle 21:30 di giovedì 25 settembre. Due uomini arrivano a bordo di una Fiat Panda di colore nero. Scendono, pistola in pugno e incappucciati. “Vogliamo lui”, dicono pronunciando il cognome del ragazzo. È lui che stanno cercando.

Lo costringono a salire in macchina e fuggono, tallonati da un’altra Panda di colore chiaro con a bordo due uomini che coprono le spalle ai rapitori.

Ore di angoscia

È un rapimento, infatti, quello che getta nell’angoscia la famiglia del diciassettenne e l’intera comunità di Vittoria, popoloso centro della provincia di Ragusa. Il procuratore Francesco Giuseppe Puleio e i poliziotti del commissariato impongono la chiusura ermetica sulle indagini. In ballo c’è la sicurezza del ragazzo, figlio di un noto imprenditore che gestisce uno stabilimento per il confezionamento di prodotti ortofrutticoli. Il mercato di Vittoria è uno dei più grossi della Sicilia.

Il ragazzo appartiene ad una borghesia imprenditoriale benestante. Circostanza che impone di non sottovalutare l’ipotesi del sequestro di persona con l’obiettivo di chiedere un riscatto. Non è la sola pista battuta, però. Non si esclude la vendetta per motivi che al momento sfuggono, legati all’attività del padre o direttamente al giovane.

I testimoni

Il rapimento è avvenuto nel quartiere periferico Forcone, dove le ville sono il tratto distintivo dell’espansione edilizia. Il commando è entrato in azione in un punto dove i ragazzi si incontrano. La vittima, studente del quarto anno del liceo scientifico “Giuseppe Mazzini”, non era solo ma in compagnia di alcuni amici.

Non hanno potuto vedere in faccia i sequestratori, ma ne hanno ascoltato le voci. Parlavano in italiano e qualcuno si spinge a dire di avere riconosciuto l’accento siciliano quando gli hanno detto di stare tranquilli perché non erano loro l’obiettivo.

La telecamera di un’abitazione privata ha filmato la scena. Gli investigatori acquisiscono le immagini di quelle di videosorveglianza installate dal Comune. Ce ne sono 84 che coprono la città. Sperano di mappare gli spostamenti dei rapitori che sono scappati in direzione della ex strada statale 115 che porta a Gela, Comiso e Catania.

I banditi hanno gettato sull’asfalto il cellulare della vittima per evitare di essere localizzati. Le modalità di azione e la freddezza fanno pensare ad un gruppo esperto.

Gli incubi del passato

Il sindaco Francesco Aiello convoca una seduta straordinaria di giunta. “Vittoria, città con una lunga storia segnata da tensioni e problemi legati alla criminalità organizzata, non è nuova a episodi inquietanti – spiega – Ma un sequestro così plateale, in un contesto urbano e davanti a numerosi testimoni, segna un salto di qualità preoccupante nella sfida alla legalità. Un precedente simile risale agli anni Settanta, con il sequestro del notaio Garrasi, caso che si concluse con l’arresto dei responsabili e la liberazione dell’ostaggio”.

Non è l’unico caso. Nel 1946 si verificò il primo rapimento a scopo di estorsione del dopoguerra. Fu sequestrato il piccolo Alfredino Fuschi, 4 anni, da un ex dipendente del padre e da due suoi complici. Alfredino era figlio del titolare di una pasticceria molto nota situata nel centro della città. Il bambino venne ucciso lo stesso giorno, ma i rapitori riuscirono, con più richieste, ad estorcere per mesi tre milioni di vecchie lire alla famiglia. Il corpo del bimbo venne ritrovato dopo più di un anno. Era stato strangolato con le bretelline che egli stesso indossava, ma i rapitori continuarono ad approfittare della speranza dei genitori di riabbracciarlo. Lasciavano i biglietti con le richieste di denaro sotto la porta di casa. Fino a quando non fu individuato uno dei rapitori che confessò e inguaiò i complici. Due dei rapitori vennero condannati all’ergastolo, uno a trent’anni di perché non partecipò all’uccisione.

L’appello del vescovo

Sono ore di angoscia a Vittoria. Il vescovo di Ragusa, monsignor Giuseppe La Placa, lancia un appello ai rapitori “affinché lascino libero il ragazzo. Quanto accaduto è gravissimo e ci turba e ci lascia sconvolti. Auspichiamo che le forze dell’ordine, che stanno lavorando per risolvere il caso, possano riportare questo giovane alla sua famiglia”.

Di sera il colpo di scena. Il ragazzo si presenta con i suoi piedi in commissariato. Sano e salvo. Ventiquattro ore dopo il rapimento restano tanti punti da chiarire. Prima tappa per gli investigatori: ascoltare il racconto del protagonista

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