PALERMO – Di donne e mafia si è sempre parlato. Delle mogli dei boss si è scritto tanto. La vicenda di Rosalia Di Trapani, 67 anni, merita una riflessione anche a rischio di ripetersi. Perché il suo è un ruolo sopra le righe persino in Cosa nostra.
Prendiamo le storie di Ninetta Bagarella e Saveria Benedetta Palazzolo. Sono le mogli, rispettivamente, di Totò Riina e Bernardo Provenzano.
I capi dei capi di Cosa nostra che si sono passati il testimone del comando prima di finire entrambi in galera. le due donne hanno una caratteristica in comune. Hanno vissuto sempre, o quasi, in silenzio. Negli anni Settanta, un cronista e maestro, quale era Mario Francese, avvicinò Ninetta in Tribunale durante un’udienza. “L’ho scelto, prima perché lo amo, e l’amore non guarda a tante cose, poi perché ho in lui stima e fiducia”, disse la donna parlando del marito. Di recente di Ninetta Bagarella sappiamo che fatto di tutto per tenere il figlio Salvuccio lontano da Cosa nostra. Almeno uno, diceva, voleva “salvarlo”.
Un decennio fa Saveria Benedetta Palazzolo accettò di rispondere alle domande dei giornalisti Attilio Bolzoni e Franco Viviano che l’avvicinarono in una lavanderia a Corleone. “Mio marito è un uomo perseguitato fin da quando era ragazzo”, disse loro puntando l’attenzione sulle doti di grande lavoratore e di padre scrupoloso di Binu.
Sono storie di donne che hanno accettato e condiviso la vita e il percorso criminale dei mariti. Rosalia Di Trapani ha fatto di più, stando all’accusa che gli è costata una condanna. A cucirle addosso un ruolo attivo è stato Marcello Trapani. Non più solo moglie e madre dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, fedele servitrice, veicolo di messaggi e ordini, ma pedina attiva del sistema attraverso cui la mafia controlla il territorio. Un sistema fatto di pizzo, soprusi e messe a posto.