Mesi fa, con un cielo plumbeo di risultati e pronostici, Walter Sabatini l’aveva detto: “Guardate che il Palermo è forte e ve ne accorgerete”. Molti congedarono la profezia del direttore sportivo con un sorriso e con una alzata di spalle. Il Palermo? La squadra in cui giocava quel giovanotto, tale Pastore, che prometteva abbondanza di fumo e scarsità di arrosto? Il Palermo di Goian? Andiamo Walter. Ma lui, Sabatini, insisteva: vedrete. E se ne fregava dei cachinni della gente. Ora che il Palermo è finalmente sbocciato l’uomo che da giocatore stava per essere picchiato da un placidone come Nils Liedholm, potrebbe fare la ruota del pavone, rimandare al mittente le perplessità. Non lo fa, perché Sabatini preferisce parlare solo quando serve. Ama lavorare nell’ombra.
Il suo Palermo, il Palermo di Rossi che, infine, ha cinto gli oneri e gli onori della panchina rosanero, è la pretendente più seria per la Champions residua. Sissignori, lo diciamo al netto di ogni possibile scaramanzia. La gara col Bologna era complicata dalle assenze, più che dal peso specifico dell’avversario. I ragazzi di mister Rossi l’hanno bevuta come un bicchierino di rosolio, talvolta esagerando in leziosità, mai dando l’impressione benché minima che la pratica potesse sfuggire di mano. E non vediamo avversarie più forte. Non la Juve, sommersa da una psicodramma di complessa risoluzione, non il talentuoso e discontinuo Napoli, nemmeno la Samp del legnoso Del Neri.
Pronti via, qualche azione di approccio e la sarabanda del gol. Miccoli si smarca su un passaggio al bacio di Pastore. Tiro secco sotto le gambe di un incertissimo (e sopravvalutato) Viviano. Uno a zero. Qui i rosa hanno cominciato a giochicchiare, ed è stato un peccato di presunzione. Caterve di reti sono state mancate. Una, soprattutto, da Pastore a porta spalancata, dopo una splendente azione col peperino Hernandez. La rete del pari su punizione (bella) di Adailton è apparsa alla stregua di un intermezzo fastidioso da scacciare come una zanzara. Ci hanno pensato Hernandez e l’arbitro Russo a correggere la rotta del destino. Il primo si è lasciato cadere in area felsinea, il secondo ha concesso un dubbio rigore. Fabrizinho Miccoli sul dischetto, due a uno. Mancavano pochi minuti all’intervallo. Nel secondo tempo, soprattutto accademia. Azioni in serie, col soverchio ricercare di tacco e punta, fino al terzo gol di Fabrizio in contropiede. Non servono altre parole per spiegare una partita che il Palermo ha avuto il merito di rendere troppo facile. Bene Liverani al rientro. Benino l’esordiente Calderoni. Ed è subito derby. R.P.
PALERMO (4-3-1-2) Sirigu; Cassani, Migliaccio, Goian, Calderoni (75’ Celustka); Bertolo (86’ Blasi), Liverani, Nocerino; Pastore; Hernandez (77’ Budan), Miccoli
BOLOGNA (4-4-1-1) Viviano; Zenoni (62’ Gimenez), Portanova, Britos, Lanna; Buscè, Guana (70’ Mingazzini), Mudingay, Casarini (75’ Zalayeta); Adailton; Di Vaio