TRAPANI – La Procura distrettuale antimafia di Palermo ha chiesto la condanna all’ergastolo di Vito Mazzara e Vincenzo Virga, imputati, dinanzi la Corte d’assise di Trapani, dell’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, assassinato a Valderice il 26 settembre del 1988. Secondo i pm della Dda, Francesco Del Bene e Gaetano Paci, che oggi hanno concluso la loro requisitoria, si è trattato di “un delitto politico mafioso”. “Rostagno – hanno detto i magistrati – aveva svelato il nuovo volto della mafia, tracciando una radiografia con in primo piano le nuove alleanze con la massoneria. Il giornalista, con un’assillante attività di denuncia (dagli schermi dell’emittente televisiva Rtc, ndr) attaccava la borghesia mafiosa, quella che ancora oggi protegge la latitanza di Matteo Messina Denaro, come ieri proteggeva quella di Riina”.
I pm non nutrono dubbi: “il braccio armato del delitto è di Cosa Nostra e precisa è la responsabilità penale dei due imputati”. Mazzara, secondo l’accusa esecutore materiale, Virga, all’epoca capomandamento di Trapani, mandante. Nella terza giornata di requisitoria, dopo aver confutato tutte le piste alternative a quella mafiosa, il pm Del Bene, ha sottolineato però che Rostagno “può avere messo in pericolo anche altri interessi”. “Mafia e non solo mafia. – ha detto – Quel coacervo di interessi che si sviluppava nel centro Scontrino (dove operava la loggia massonica coperta Iside 2, ndr) e nella massoneria deviata”. Per i pm, tutte le altre piste alternative non hanno trovato riscontro: “Non è stata acquisita alcuna prova di contatti tra Francesco Cardella (il guru deceduto due anni addietro in Nicaragua e che ha fondato con Rostagno e Chicca Roveri la comunità Saman) ed i Servizi segreti… e non c’è nessuna prova di un mandato di morte dato a Giuseppe Cammisa (un ospite della comunità, soprannominato Jupter) da Cardella”. Cammisa, Chicca Roveri (compagna di Rostagno), Monica Serra e Cardella, nel ’96 furono coinvolti nell’indagine sulla cosiddetta pista interna. Solo Cardella sfuggì al carcere perché si rifugiò all’estero. L’inchiesta si concluse con l’archiviazione.
I magistrati hanno spazzato via anche la pista che portava a Lotta Continua, il movimento politico di cui il sociologo fu uno dei leader: “Quando Rostagno (sei mesi prima di essere ucciso) – ha detto il pm – ricevette la comunicazione giudiziaria per l’omicidio del commissario Calabresi, chiese al suo legale, l’avvocato Pisapia, di incontrare subito i giudici di Milano per chiarire la sua posizione; non ci fu in lui nessuna voglia di dissociarsi o di accusare gli altri… ed i suoi compagni non avevano nulla da temere dalla sua audizione”.
(ANSA)