Sanità siciliana, la riforma è legge - Live Sicilia

Sanità siciliana, la riforma è legge

Approvata. Dopo una lunga maratona d’aula e otto mesi di polemiche la riforma della sanità in Sicilia è stata finalmente varata. Il provvedimento che ridisegna la mappa di ospedali e aziende sanitarie ha avuto il via libera dal Parlamento siciliano. Il sì definitivo è arrivato oggi, alle 19, con voti 51 favorevoli e 29 contrari.

Aziende sanitarie da 29 a 17.Le aziende sanitarie vengono ridotte da 29 a 17: 9 provinciali, 3 di riferimento regionale, 2 di riferimento nazionale ad alta specializzazione e tre universitarie. Ognuna di esse sarà articolata in distretti, che complessivamente saranno venti, costituiti dall’aggregazione di alcuni nosocomi e guidati da un coordinatore amministrativo e da un coordinatore sanitario.

Il 118 ad una società pubblica. Il servizio di emergenza verrà gestito da una società a totale partecipazione pubblica. Questo significa che si chiuderà l’esperienza con la Sise, la società in house della Croce Rossa che in questi anni ha gestito il 118. Saranno garantiti i posti di lavoro dei 3.200 dipendenti in servizio. Oltre alle quattro centrali operative già esistenti (Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta) è prevista l’istituzione di nuove unità periferiche in ognuna delle province siciliane. Le 220 ambulanze avranno tutte a bordo un medico e un infermiere. Nel triennio successivo all’entrata in vigore della legge sarà vietato impiegare personale in numero superiore a quello utilizzato attualmente.

Cliniche private. Sancita la libertà di scelta del paziente tra pubblico e privato. Nel corso del dibattito era stata ipotizzata l’autorizzazione a strutture private attualmente non accreditate ad effettuare prestazioni sanitarie mentre quelle già accreditate avrebbero potuto fare automaticamente prestazioni ambulatoriali oltre a quelle di ricovero. Questa ipotesi, che avrebbe portato inevitabilmente all’incremento dei posti letto per i privati, è stata scongiurata dopo un aspro dibattito.

Approvata la modifica delle regole per il budget assegnato a cliniche e laboratori. Non sarà più erogato in base alle prestazioni effettuate l’anno precedente ma sarà legato a dati epidemiologici. Il tetto di spesa sarà stabilito dalla Regione attraverso un’intesa con le associazioni di categoria. Prevista una premialità per le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni in favore di pazienti non siciliani.

Via i manager incapaci. I direttori generali decadranno automaticamente in caso di mancato raggiungimento dell’equilibrio di bilancio o di mancato raggiungimento degli obiettivi. La valutazione sarà affidata ad un soggetto esterno: l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali o altra struttura ad evidenza pubblica individuata dall’assessore.

Il contratto sarà triennale e potrà essere rinnovato per altri tre anni. Gli attuali manager decadranno il primo settembre 2009, data in cui entrerà in vigore il nuovo sistema. Con voto segreto, chiesto dall’opposizione, è passata la norma che vieta ai manager che negli ultimi tre anni hanno sforato i tetti di spesa di essere rinominati.
Extracomunitari: cure gratuite senza denuncia.

In controtendenza con il governo nazionale, in un emendamento proposto dal presidente Lombardo e dall’assessore Russo, si prevede che in Sicilia siano assicurate cure gratuite ambulatoriali ed ospedaliere anche agli extracomunitari senza alcun obbligo per il personale sanitario di segnalazione alle autorità.

“Abbiamo affermato il naturale principio di civiltà e di solidarietà ai più bisognosi che si trovano in Sicilia – ha commentato l’assessore – Quale che sia la loro condizione giuridica, di razza, sesso o religione, la Regione Siciliana garantirà le cure a parità di condizioni con i cittadini italiani”. L’aula ha approvato l’ebmendamento all’unanimità. “Abbiamo liberato da un peso incompatibile con la professione medica – ha aggiunto Russo – chi è chiamato ad aiutare tutti coloro che si trovano in una condizione di bisogno”.
L’ultimo appello di Lombardo

Era passata da poco la mezzanotte del penultimo giorno di dibattito quando un emendamento presentato dall’onorevole Pippo Limoli sull’ospedale di Caltagirone ha rischiato di rimettere in discussione la riforma. Il presidente Lombardo ha preso la parola e ha lanciato un appello: “Questa assemblea, che finalmente sembra avere trovato la quadratura del cerchio, dopo tanti mesi di incomprensioni e di difficoltà, quando è chiamata a pronunciarsi complessivamente, che immagine da di sé? Se salta l’impalcatura stasera facciamo una figura veramente penosa e ho la sensazione che ne pagheremo pesantemente le conseguenze non come deputati, privilegiati, ma come popolo. Ecco perché vi invito a condividere la linea del governo, così, se è possibile, ne usciamo tutti bene. Io ho fatto la mia parte e mi carico di tutte le responsabilità. E’ merito, colpa mia, soltanto mia. A Taormina come a Caltagirone, a Gela come a Trapani, andrò io a prendermi gli insulti. Alle elezioni saremo puniti pesantemente. Adesso, però, vi chiedo di collaborare con senso di responsabilità”. Parole convincenti. Con voto a scrutinio segreto l’emendamento è stato bocciato.

Le reazioni dell’opposizione. Il Pd ha dato voto negativo alla riforma, pur avendo contribuito a modificare, in alcuni punti, il provvedimento. “Il motivo che ha spinto governo e maggioranza a fare slittare a settembre l’entrata in vigore della riforma – ha commentato il capogruppo, Antonello Cracolici – è quello di poter sfruttare, in campagna elettorale, la possibilità di assegnare centinaia di poltrone, naturalmente promettendo la stessa poltrona a più persone”.

Il collega Lillo Speziale si è soffermato sui manager. “Con un mio emendamento siamo riusciti ad evitare che i manager continuino ad essere pagati per restare a casa – ha dichiarato – Un emendamento del governo, in palese violazione di una legge nazionale, voleva regalare cinque milioni di euro ai direttori generali che cesseranno il rapporto di lavoro dopo l’entrata in vigore della legge”.


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