Accade che un politico resti per sempre nella storia per un provvedimento normativo legato al suo nome. Forse sono rimasti in pochi a ricordarsi qualcosa di Lina Merlin, la prima donna italiana eletta al Senato. Eppure la “legge Merlin”, che nel 1958 dispose la chiusura delle case di tolleranza, a distanza di cinquant’anni rimane qualcosa di ben noto anche a chi di politica mastica poco. Chissà se accadrà lo stesso ad Angelino Alfano, giovane Guardasigilli siciliano, e al suo “lodo”, giudicato oggi incostituzionale dalla Consulta. La controversa legge che disponeva la sospensione dei processi a carico delle quattro più alte cariche dello Stato, bollata dalle opposizioni come un clamoroso caso di legge “ad personam” su misura per il presidente del Consiglio, è stata ritenuta contraria dai giudici della Corte costituzionale agli articoli 138 e 3 della Carta. Il provvedimento che porta il nome del ministro
agrigentino, insomma, va contro il principio di uguaglianza (art. 3) e ad ogni modo avrebbe dovuto essere approvato con una legge costituzionale (art.138).
Uno smacco per Silvio Berlusconi, già scrivono i quotidiani on line. Ma certo anche una pessima notizia per “l’enfant prodige” del centrodestra siculo, quell’Angelino Alfano fortissimamente voluto da Berlusconi al ministero della Giustizia. Fino a poche ore prima della sentenza, Alfano aveva difeso a spada tratta il “lodo”, definendolo un provvedimento “in cui noi abbiamo confidato, ritenendo di avere applicato tutti i precetti della precedente sentenza della Consulta”. Che invece, evidentemente, al riguardo è stata di tutt’altro parere.
La notizia della decisione dei giudici (assunta a maggioranza, 9 contro 6) è stata appresa dal Guardasigilli nel pomeriggio in cui si era recato a proprio a Palazzo Grazioli, casa del premier, dove già si trovavano gli alleati di ferro Bossi e Calderoli. Hanno incassato il colpo tutti insieme, pronti ad andare avanti nell’azione di governo. Che il premier dovrà condurre parallelamente alla sua difesa nei due processi in cui si trova imputato. Ovvero quello che il lodo Alfano voleva rinviare e che il precedente lodo Schifani (un altro pezzo di Sicilia in questa storia) aveva già cercato di evitare, cadendo anch’esso sotto la mannaia della Consulta.
In questa vicenda che senz’altro scuoterà per un pezzo il dibattito politico nazionale, resta un ultimo siciliano da menzionare. Ovvero Gaetano Silvestri, giurista di Patti, eletto giudice costituzionale nel 2005 dal Parlamento su indicazione del centrosinistra. Non si sa come abbia votato, ma c’è da scommettere, leggendo i primi commenti del Pdl che parla di “sentenza politica”, che dalle parti del Cavaliere qualcuno se lo immagini.