Scandalo Asp 3, Scavone assolto | “Manca il dolo specifico” - Live Sicilia

Scandalo Asp 3, Scavone assolto | “Manca il dolo specifico”

Depositate le motivazioni della terza sezione penale del Tribunale di Catania che il 31 gennaio scorso ha assolto il senatore Antonio Scavone, Annunziata Sciacca, madre del deputato regionale Luca Sammartino, e gli altri 6 imputati. I PARTICOLARI.

LE motivazioni della sentenza
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CATANIA – Dietro l’assoluzione del Senatore Antonio Scavone nel processo sullo scandalo delle consulenze esterne all’Asp 3 di cui era manager c’è la “mancanza del dolo specifico”. I giudici nelle motivazioni, nonostante ritengano le procedure irregolari, non hanno ritenuto sufficienti gli elementi per provare l’abuso d’ufficio. L’apparato probatorio, infatti, non accerterebbe che la condotta posta in essere dagli otto imputati sia stata intenzionalmente diretta ad arrecare un “danno al preminente interesse pubblico”.

Il processo penale, su cui potrebbe essere fatto ricorso in appello da parte della Procura di Catania nonostante il reato raggiungerà la prescrizione nel prossimo settembre, segue quello contabile con cui la Corte dei Conti ha già condannato per danno erariale in primo grado Scavone e l’ex direttore amministrativo ed ex direttore generale del Comune di Catania, Maurizio Lanza al pagamento di una somma complessiva vicina ai 500 mila euro.

Il 31 gennaio scorso il Presidente della terza sezione penale del Tribunale, Rosalba Recupido ha letto la sentenza con cui sono stati assolti l’ex direttore generale dell’Asl 3 e attuale inquilino di Palazzo Madama, Antonio Scavone (Leggi LA SCHEDA) e l’ex direttore sanitario Annunziata Sciacca, madre del deputato regionale di Articolo 4 Luca Sammartino. I due erano finiti a processo insieme ad altre 6 persone per il reato di abuso d’ufficio riguardo al conferimento di alcune consulenze esterne all’interno dell’azienda sanitaria 3 di Catania. Il Pm Tiziana Laudani aveva chiesto condanne fino a 2 anni e 6 mesi. Alla lettura del dispositivo, i mezzi d’informazione riportavano la notizia che gli imputati avevano dimostrato “la liceità dei comportamenti” ed inoltre avevano “documentato che il ricorso a professionalità esterne di altissimo livello” aveva comportato per l’Azienda “un notevolissimo risparmio economico”.

La verità processuale, però, che emerge dalle motivazioni della sentenza è differente. Per i giudici l’assoluzione è stata disposta in quanto “il fatto non costituisce reato”, specificando che, il collegio ha avuto difficoltà nell’individuare “in termini giuridicamente certi” gli elementi sostanziali dei fatti contestati. “In tale prospettiva – prosegue il Collegio – non può sostenersi con certezza che la volontà” degli imputati abbia arrecato “un danno per la pubblica amministrazione” (ndr. Asl 3 di Catania). Il Tribunale ha comunque valutato “estremamente discutibili e vistosamente irregolari” i metodi adottati dai manager che avrebbero bypassato “con disinvoltura tutta una serie di regole”.

Nonostante l’assoluzione, i giudici riservano parole dure nel giudizio sulle delibere con cui vennero conferiti gli incarichi ai professionisti esterni. Il Collegio osserva come gli atti “appaiano non adottati in conformità alla normativa di riferimento e quindi in violazione della stessa”. Il Tribunale, che bolla la procedura come “irregolare”, valuta il contenuto delle delibere “evanescenti e sfumate” tanto da non fornire “all’esterno contezza degli effettivi intendimenti e delle finalità perseguite”. Insomma non si spiegava con chiarezza quali obiettivi l’Asp 3, diretta all’epoca da Scavone, volesse raggiungere.

Gli incarichi esterni, inoltre, secondo il Collegio potevano essere addirittura evitati predisponendo una “specifica ed articolata organizzazione” poiché i compiti svolti dagli stessi erano “nella quasi totalità” ordinari. Il loro vantaggio economico, inoltre, secondi i giudici sarebbe “tecnicamente ingiusto”. La valutazione è riassunta nelle pagine centrali della sentenza: “Volendo tirare le fila – scrivono i giudici – si ritiene che le delibere incriminate siano state adottata apertamente in violazione delle norme regolanti lo strumento utilizzato”.

Nel corso del dibattimento i quattro professionisti ingaggiati hanno sempre negato di aver avuto rapporti di conoscenza con gli ex manager e soprattutto con Scavone. I consulenti si sarebbero limitati a mandare il proprio curriculum. Secondo però le osservazioni dei giudici “sul piano logico la riferita congiuntura appare difficilmente credibile, ben quattro professionisti (e non solo!), tutti nella stessa circostanza temporale, avrebbero – proseguono – autonomamente deciso di inviare il proprio curriculum e sarebbero stati tutti miracolosamente ingaggiati”. In realtà dietro ci sarebbero “rapporti pregressi o instaurati a seguito di contatti tra i pubblici ufficiali e i professionisti le cui connotazioni tuttavia sfuggono ai giudici”. All’Asl 3 ci sarebbe stata una “piattaforma comune” creata da cosa? Si chiedono i giudici: “Comune fede o militanza politica? Comuni amicizie influenti? Comune background economico?”

 


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