CATANIA – Se la Compagnia Zappalà danza, quest’anno, si appresta a tagliare il traguardo dei 25 anni, il ben più giovane Scenario Pubblico, oggi centro coreografico internazionale e punto di riferimento per quanti amano respirare la danza contemporanea o semplicemente goderne lo spettacolo, è prossima a compiere 10 “annuzzi”. Insomma, è quasi una signorina.
Spe-ri-men-ta-zio-ne, prima di tutto. E’questo il fil rouge lungo il quale è stato costruito il cartellone di Scenario Pubblico, non un semplice laboratorio firmato Compagnia Zappalà danza ma un progetto multi sfaccettato: uno spazio teatrale per le performance di compagnie straniere, la “palestra” per il perfezionamento di giovani danzatori contemporanei, un luogo di ristorazione sana e mediterranea aperto al pubblico. Come se ciò non bastasse, un ambiente stimolante di socialità e di scambio. Oggi, Scenario è per i catanesi tutto questo.
La stagione ha preso il via con la prima assoluta di “Le pupe”, incentrato sul tema della donna oggetto, creazione della compagnia OsmDynamicActing; dopo “Creazioni” sarà la volta di “Zerogrammi” (fissato per il 23/24 febbraio), spettacolo vincitore del primo premio di Coreografia Festival Oriente Occidente 2008.
La rassegna di quest’anno, seppur inaugurata con un lavoro dedicato alle donne, è caratterizzata dal tema “danza è uomo” che riprende la celebre frase di Maurice Bejart, <Danza è uomo!> a dimostrazione della forza e dell’eleganza che caratterizza la danza maschile, in contrapposizione a quella femminile.
Due gli spettacoli della compagnia Zappalà: Odisseo, lavoro molto apprezzato all’estero e Instrument 1(8/9/10 marzo) già messo in scena ben 70 volte nel mondo. Sette danzatori uomini interpreteranno la nostra isola senza confini con la sapiente esplorazione del marranzano, lo strumento musicale associato alla tradizione siciliana da parte di Puccio Castrogiovanni, leader dei Lautari.
“Instrument rappresenta – racconta Daniele Zappalà manager di Scenario, a Livesiciliacatania – l’apoteosi degli uomini in scena; è uno spettacolo molto atletico, forte. Si vuole rileggere la Sicilia – prosegue – attraverso il suo linguaggio scenico mettendo in mostra la cultura sia negli aspetti negativi che in quelli di cui essere orgogliosi, in chiave contemporanea. Vogliamo dare – spiega meglio – allo spettatore la possibilità di compiere la prima camminata di un viaggio più grande, che è quello di remapping sicily, un progetto per viaggiatori non per turisti perché – citando le parole di Werner Herzog – camminare è una virtù, il turismo è un peccato mortale”– conclude Zappalà.
Non solo spettacoli ma anche formazione. Scenario danza, infatti, si pone l’importante obiettivo di fornire agli allievi uno strumento di perfezionamento attraverso lo studio del linguaggio e delle tecniche della compagnia di danza. “E perché no – esclama Zappalà – magari essere un trampolino di lancio verso la compagnia di mio fratello Roberto”.
La storia di Roberto Zappalà direttore artistico e coreografo è la somma delle esperienze di un isolano che, dopo gli studi di danza classica, le esperienze pregnanti all’Arena di Verona, al Balletto di Venezia, gli importanti passaggi televisivi, acquisisce una professionalità largamente riconosciuta. Poi è la volta del Teatro de La Ville di Parigi, luogo di consacrazione per un artista. “E’stato allora – confida Daniele – che mio fratello ha capito: era giunto il momento di far ritorno nella sua terra per iniziare una sfida”.
E a Catania, che in quegli anni era <una sorta di deserto culturale> inizia il duro lavoro nella danza contemporanea. “Moltissime le resistenze ed i pregiudizi tipicamente isolanie– ricorda Zappalà. La visionarietà e la testardaggine di mio fratello sono stati fondamentali poi, certo, la notorietà televisiva ha contribuito.
Dalla Compagnia alla creazione di Scenario Pubblico ci sono voluti diversi anni. Forza e determinazione nella stessa dose sono stati gli ingredienti giusti che ben presto hanno dato soddisfazioni.
“Già, tanta emozione. Il pubblico è vivace, ha sete di conoscenza. Questo ci ha dato l’imput – spiega – per trovare uno spazio che andasse oltre la scuola di danza e quando individuammo l’immobile, oggi sede di Scenario, ci buttammo a capofitto per la ricerca dei finanziamenti”.
Poi una nota di rammarico. “Credo che noi e il centro culturale Zo, di V.le Africa abbiamo rappresentato l’ultimo alito culturale. La decadenza è a tutti i livelli, dall’intrattenimento generale alla cultura. Solo Enzo Bianco e Franco Battiato hanno rappresentato un barlume di luce; dopo di loro sono venuti meno i contributi e le istituzioni hanno dismesso il ruolo di educatore – intrattenitore con il conseguente suicidio provocato dalla mancata programmazione di un cartellone estivo”.
Insieme ricordiamo la VII edizione di Uva Grapes. “18 giorni di contemporary dance festival articolati in performances, workshops, che ha visto la presenza dei più grandi nomi della danza contemporanea europea. Ancora non posso credere che siamo stati clamorosamente esclusi dai finanziamenti. E’assurdo. Ma è così”.
Cerchiamo di capirne di più. “All’inizio la commissione regionale ci classifica di livello b, l’anno dopo ci declassa in d, a quel punto esclusi, come è giusto che sia per chi riceve questo voto. Una peripezia dietro l’altra, con annessa lentezza ed incertezza burocratica all’interno della regione, finché non riusciamo ad accedere ai fascicoli e leggere a chi sono stati assegnati i fondi. Si tratta di associazioni sconosciute. Per loro il massimo dei contributi ma nessun progetto con nomi artistici altisonanti. Avremmo potuto ricorrere alla giustizia amministrativa, certo. Ma questo ha un costo e nel frattempo la stagione era iniziata”. C’è tanta amarezza nelle sue parole e solo la presenza di un pubblico affettuoso pronto a firmare una petizione <a favore di una corretta assegnazione e distribuzione dei contributi regionali destinati alle attività teatrali> lo consola.
“Senza presunzione – mi chiede sorseggiando una tazza di thè – questi soldi, se non li riceve Scenario che presenta progetti di qualità certificata e che ha il supporto continuativo del Ministero, chi dovrebbe prenderli? E come vengono spesi, allora? Voglio esser fiducioso: l’incontro con il direttore generale dell’assessorato, Alessandro Rais, mi permette di credere che qualcosa cambierà”.
Quale potrebbe essere un progetto da realizzare?
Di getto rispondere no, grazie per via dell’enorme sacrificio che ciò comporterebbe. Poi aggiunge: “E’chiaro che ci piacerebbe sia rafforzare quanto già facciamo durante la stagione invernale, finanziando il corso dedicato ai ragazzi che sprigionano sempre un’energia contagiosa, sia continuare il lavoro col pubblico che è interessante. Mi chiede: Posso esprimere un ultimo desiderio? Vorrei poter regalare ai catanesi un festival estivo di respiro internazionale”.
Perché, secondo te, non avete ancora spiccato il volo? Non è possibile che siate troppo avanti e quindi non capiti?
“Beh – afferma sorridendo – semmai sono gli altri indietro! La danza non va capita o studiata ma va frequentata, come l’arte in genere. E quando si conosce non puoi più farne a meno. E poi la danza è un collante: mette insieme tutte le culture, sembra che comunichi. Credo che la danza sia ancora oggi un settore <vergine>, per il quale basterebbe poco, in termini di investimento, per fare qualcosa di qualità”.
Un danzatore contemporaneo nasce sempre nel classico?
“Ormai sempre meno. Anzi, una preparazione classica irrigidisce e quindi il passaggio al contemporaneo potrebbe risultare complesso proprio perché occorre de-strutturarsi. Il classico è sempre un training molto utile ma, di certo, la mancata provenienza dal classico non rappresenta un limite. Capacità espressiva e qualità del movimento sono i parametri che ti permettono di apprezzare la qualità di uno spettacolo e di esclamare: che bello!”
Quale consiglio ti senti di dare ai giovani ballerini contemporanei catanesi?
“Di fare esperienze, di mettersi in gioco fuori dalla Sicilia, per acquisire un bagaglio importante. Mettere in gioco se stessi allo stesso modo in cui si fa terapia perché la danza, quale disciplina artistica mente-corpo, rappresenta una terapia per chi opera. Nel contemporaneo non è vi è posto per un’etoile o meglio, l’etoile è il coreografo e non il ballerino”.
Si avvicina a noi un gruppo di ragazzi di chiara provenienza straniera. Tra questi, Nadir, architetto ormai catanese, con una dolce flessione francese, ci dice: “Scenario è una finestra per prendere una boccata d’aria”. E mi basta guardarmi intorno ed ascoltare le conversazioni dei tanti giovani presenti per capire che Scenario, come la chiamiamo tutti qui, è un’oasi felice in cui si incontrano e si mescolano culture diverse, in un mix perfetto ed armonioso. Già. Come armoniosa è la danza in ogni sua espressione.