Nei Paesi industrializzati la principale causa di morte è rappresentata dalle malattie cardiovascolari. Anche in Italia la prevenzione e la diagnosi precoce possono fare una significativa differenza sulle possibilità di sopravvivenza.
Fanpage dedica un approfondimento all’amiloidosi cardiaca, “tra le patologie del cuore più subdole, poiché spesso diagnosticate in fase avanzata quando si evidenzia l’insufficienza cardiaca (o scompenso cardiaco)”.
Scienziati italiani: “Una grave malattia cardiaca”
Un gruppo di scienziati italiani ha identificato “i segnali precoci che anticipano la comparsa della malattia conclamata – si legge sul quotidiano – una scoperta che può favorire la diagnosi precoce e soprattutto amplificare i benefici dei trattamenti disponibili, migliorando la sopravvivenza e rallentando la progressione della patologia”.
Gli scienziati hanno studiato una forma chiamata “amiloidosi cardiaca da transtiretina (ATTR-CA), in cui l’accumulo anomalo è relativo alla proteina del fegato chiamata transtiretina”.
La ricerca
La cardiologa Martha Grogan, che lavora nella Mayo Clinic, spiega che l’amiloidiosi cardiaca fa parte di una famiglia di malattie note come misfolding proteico: “Ci sono proteine normalmente solubili nel flusso sanguigno che per una serie di ragioni diventano insolubili e si depositano in modo anomalo nei tessuti e negli organi in tutto il corpo”, evidenzia la specialista.
Le proteine, che si infiltrano nel cuore, danno vita a tre forme diverse della malattia: “Il tipo AL (catena leggera) dovuto all’infiltrazione di un’immunoglobulina – ha detto la cardiologa – e legato a malattie neoplastiche come il mieloma multiplo; e il tipo TTR oggetto del nuovo studio, che può essere ereditario o senile, talvolta definito “wild type”.
Grazie all’analisi dei livelli della proteina transtiretina in pazienti ancora privi di scompenso cardiaco, asintomatici, “i ricercatori sono riusciti a identificare tra diversi gradi di infiltrazione che hanno più o meno probabilità di sfociare nell’insufficienza cardiaca e nella morte per eventi cardiovascolari”.