In tutte le mappe che riportano la distribuzione territoriale degli indici di sottosviluppo (disoccupazione, denatalità, numero di giovani emigranti, donne inoccupate, dispersione scolastica…) il Mezzogiorno appare rosso. Rosso perché ha parametri inferiori alla media nazionale ed alla media dei territori europei. Eppure a Palazzo Chigi devono essere daltonici. A giudicare dagli ultimi interventi.
Troppe cancellazioni
In un solo anno di governo è stata chiusa l’Agenzia che aveva il compito di garantire la Coesione Territoriale (ovvero il riequilibrio delle economie territoriali), sono state ‘cancellate’ le Zone Economiche Speciali (che avevano il fine ultimo di attrarre investimenti al Sud), ma soprattutto sono stati cancellati 20 miliardi destinati proprio al Mezzogiorno.
In pochi minuti è stato tradito un impegno che durava da 15 anni (legge 5 maggio 2009 n. 42): il fondo perequativo infrastrutturale che prevedeva 4,6 miliardi per il Sud per mettere in sicurezza ospedali e scuole, ma anche per costruire strade, ferrovie, infrastrutture idriche e dotare il territorio di presidi ed infrastrutture sanitarie, è stato depredato. Al posto dei soldi che si aspettava fossero erogati a fine anno, è arrivato invece il taglio netto. Messo nero su bianco nelle tabelle della legge di bilancio: sono stati cancellati 3,7 miliardi e non si conosce ancora la destinazione dei rimanenti 891 milioni.
Fsc stravolto nelle regole
E lo scippo rischia di non fermarsi. Il fondo di Sviluppo e Coesione che era destinato – ed anch’esso per legge – per l’80% al Sud, è stato stravolto nelle regole, accentrando ogni decisione a Roma. In assenza di un Piano Strategico per il Sud, di una qualche visione di sviluppo al Sud (che vada oltre il Ponte) si è preferito svuotare il capitolo. Senza spiegazioni. Questo è quello che maggiormente irrita: perché sono risorse per le quali è doveroso dare conto ai cittadini. Manca infatti la Relazione (obbligatoria, per legge) del Governo che dia prova che il 40% delle risorse del PNRR siano effettivamente spese al Sud e quella che attesti che l’80% dei Fondi FSC siano effettivamente indirizzati a garantire lo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno.
Il Ponte sullo Stretto è… sulla carta
L’unico investimento annunciato al Sud sinora è il Ponte sullo Stretto, ma solo sulla carta visto che ad oggi non c’è ancora un progetto esecutivo dotato delle necessarie autorizzazioni ambientali. Oltre al danno, la beffa: 1,6 miliardi di fondi FSC che servivano a Sicilia e Calabria per rispondere alle urgenze del territorio, sono stati (ad insaputa delle stesse Regioni) “ceduti” ad un’opera di interesse nazionale. E irrita che questo grave prelievo di risorse al Mezzogiorno venga fatto proprio da un Ministro “del Sud”, un Ministro che le difficoltà del Sud le conosce bene perché è nel Sud che affondano le sue radici e la sua crescita. E che quando era un giovane presidente di una Regione del Sud, la Puglia, si batteva perché fossero le Regioni a programmare le priorità per il loro sviluppo.
Il “pallino” è nelle mani di Roma
Adesso le Regioni del Sud non possono incassare i fondi dell’FSC senza il suo via libera, senza cioè che vengano sottoscritti gli ‘Accordi per la coesione’ tra Palazzo Chigi e ogni singolo governatore. Con il pallino decisionale messo tutto nella mani di Roma. E mentre i Presidenti Emiliano e De Luca hanno già dichiarato di alzare le barricate contro questo scippo, il governatore della Sicilia non si è ancora espresso.
Ciò che sta avvenendo è abbastanza chiaro: il Governo nazionale vuole il pieno controllo sui 48 miliardi di euro dell’FSC, al fine di utilizzarli in maniera diversa da come previsto dalla legge. E senza alcun obbligo a ricucire i divari del Sud. E alla fine di tutto questo, a pagare saranno loro: i nostri giovani, che stanno facendo le valigie per andare a realizzare altrove il loro futuro, senza nemmeno aspettare di attraversare lo Stretto su un Ponte che già sanno non vedranno nemmeno i loro figli.
- l’autrice è responsabile Pnrr del Pd Sicilia