Basta con il calcio. E’ la prima cosa che mi è venuta in mente, guardando la scena bestiale di Genova. La scena, non le scene. Un unico quadro rivoltante composto di tanti piccoli lerci frammenti. Eppure non mi sono pentito, oggi scriverei lo stesso: basta con il calcio. Basta con gli alibi.
Ah, che grande comodità sorride nelle giustificazioni. Questo è un Paese di scagnozzi e meretrici perché siamo sempre pronti a dare la colpa a un altro. Il pallone non si sottrae. Gli ultras. Gli scommettitori. Gli zingari. C’è, per fortuna collettiva, un uomo nero su cui scaricare il peso dell’ignominia. E i cattivi non mancano, ma non agiscono da soli. Crediamo di risolvere il punto dolente con l’ordine pubblico? Qualche poliziotto e qualche cella in più? Serve, però non risolve.
I segni di una resa incivile sono chiarissimi. Abbiamo celebrato con enfasi e retorica la morte di un ragazzo, pochi giorni fa. Dalla consapevolezza della fragilità umana, perfino in universi che vediamo dorati, dovrebbe emergere una saggezza più tenera e più giusta. Una settimana dopo è ancora Colosseo. E il problema riguarda tutti: da Torino a Palermo, perché nel mare inquinato ci tuffiamo proprio tutti, colpevoli e innocenti. Se certi spettacoli danno il voltastomaco, se certi criminali da curva spadroneggiano, non accade per caso. C’è una sofferenza diffusa, una metastasi. Basta con il calcio, lo scrivo di nuovo e scusate. Non riesco a scordare gli occhi di Morosini che è spirato a faccia in giù, accanto al suo sogno distrutto. L’odore di un prato.