Se Salvini cambia | (in peggio) l'Italia - Live Sicilia

Se Salvini cambia | (in peggio) l’Italia

Se muta la coscienza civile.

Semaforo Russo
di
4 min di lettura

Può un ministro dell’Interno, cavalcando paura e malessere, mutare la coscienza civile di un Paese avanzato come l’Italia che ha vissuto la tragedia di una sanguinosa dittatura e la vergogna delle guerre coloniali in Africa, con massacri di massa, e delle leggi razziali? Se la risposta è sì dobbiamo preoccuparci seriamente, piuttosto penso che il problema abbia insieme cause più complesse fino a raggiungere gli abissi oscuri dell’animo umano costituendo il Salvini di turno semplicemente il detonatore di un esplosivo groviglio di pulsioni e retaggi primitivi periodicamente rigurgitati.

I fatti di esplicito razzismo riportati dalla stampa non si contano più e scaricarne la responsabilità sui balordi che si divertono a insultare e a picchiare i propri simili, probabilmente ritenendo di potere approfittare di un oggettivo clima d’intolleranza favorevole alle loro bravate, non basta. Peraltro adesso, vedi il caso di Aprilia, ci è scappato il morto. Ciò che impressiona è l’escalation di episodi di chiara impronta xenofoba pure in Sicilia, una terra che ha conosciuto bene l’umiliazione della discriminazione alimentata non dagli stranieri o soltanto dagli stranieri ma da connazionali. Abbiamo forse dimenticato i cartelli con i quali si avvertiva che l’ingresso in questo o in quel locale del nord-Italia era vietato ai meridionali brutti, sporchi e mafiosi?

Si, evidentemente lo abbiamo dimenticato. Magari tra i reietti c’erano i nonni e i bisnonni di chi oggi va in giro a gridare: “sporco negro tornatene a casa tua”. Il punto è che a fronte degli eventi noti ve ne sono numerosi che rimangono nell’ombra. Non vengono pubblicizzati ma ove possibile sono puntigliosamente registrati dalle organizzazioni internazionali che si occupano dei fenomeni legati alle discriminazioni e al razzismo.

Si verificano per strada, negli uffici, negli ospedali, nei negozi, nei mezzi pubblici, negli stadi, sui social a danno di persone colpevoli di avere un colore della pelle sgradito, senza considerare lo sfruttamento di immigrati, non raramente minori, nei campi e nelle fabbriche. L’apoteosi dell’imbecillità che spazza via cervello e cuore. L’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ci ha ricordato recentemente un’evidenza quasi imbarazzante: pure il “bianco” è un colore, quindi siamo tutti “di colore”. Dopo l’accusa di “buonista!” o di “radical-chic!” gettata in faccia a chi si oppone al massacro del principio sacro di uguaglianza e dell’accoglienza di chi fugge da orrori indescrivibili – un modo comodo e sbrigativo di lavarsi la coscienza – ora è di moda l’espressione: “razzista mi ci hanno fatto diventare”, volendo così affermare che prima non lo si era e poi, a causa della pessima gestione europea del dramma dei flussi migratori o dei i reati commessi da immigrati, lo si è diventati.

Lasciamo stare la strumentalizzazione di una tragedia vestita di minacciosa “emergenza” quando un’emergenza immigrati non esiste, almeno nella misura e nelle dinamiche disegnate, e che in un ordinamento democratico la responsabilità penale è personale non legata all’appartenenza a un’etnia (era così durante il nazi-fascismo); no, chi non è razzista non lo è e basta, non lo è per cultura, convinzione, valori di riferimento. Mai, del resto, far dipendere gli ideali ispiratori della propria esistenza dai comportamenti umani e dal corso degli avvenimenti.

Sono gli ideali che cambiano le persone e le cose, non viceversa. In questo senso chi non è razzista, xenofobo o omofobo mai lo può diventare. Se giura di esserlo diventato è perché lo era già. Qualcuno mi ha risposto che nessuno nasce razzista, lo diventa. Giusto, ma io non parlo dei bambini, naturalmente portati all’integrazione se non fuorviati dai grandi, parlo dei giovani e degli adulti perfettamente in grado di discernere tra il bene e il male alla fine votandosi al peggio. Ognuno crescendo diventa “qualcosa” sulla base di elementi genetici e caratteriali che man mano si impastano con l’educazione ricevuta (a scuola, in famiglia, all’oratorio, nei luoghi dello sport…) e con l’ambiente di vita.

Il razzismo e la xenofobia, con l’omofobia, rappresentano un’ottusa condizione purtroppo tendente a stabilizzarsi dovuta a una grave forma di sottocultura (non c’entrano i titoli di studio), di deficit di conoscenze, di valori e di relazioni trasversali, non chiuse. Non si tratta solo di un idiota impulso suprematista o di selvaggia reazione a un pericolo immaginario, creato ad arte per gli obiettivi iniqui o di convenienza di alcuni, ma la dimostrazione di una assecondata ignoranza potremmo dire antropologica perché non c’è alcuna scienza, religione o filosofia, ovviamente, che abbia dimostrato che esseri umani, per ciò stesso nati uguali, possono essere tra loro diseguali, disposti poi dalla natura in divenire o da sovrastrutture sociali in superiori e inferiori, in normali e anormali a motivo di un qualsiasi dato differenziante.

Nulla giustifica l’esclusione, la segregazione, la schiavizzazione, la ghettizzazione, il respingimento di essere umani da parte di altri esseri umani. Nulla. Poi, d’accordo su ciò, possiamo discutere di tutto il resto.

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