Se pensate che Marcello Dell’Utri sia stato sostanzialmente assolto dal processo di Palermo, nessuno vi negherà il diritto di un’idea originale, ma forse è bene che stiate lontani da via D’Amelio nell’anniversario della strage. Non è possibile stringere senza un minimo di cautele la mano di Marcello Dell’Utri e poi indossare il vestito del cordoglio per il macello di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta.
E non c’è nessun risentimento personale, nessun malanimo, nessuna acredine alla base del consiglio. Pensiamo a Paolo Borsellino, al suo silenzio di servitore dello Stato, ai colpi che gli furono inferti in vita, prima della corsa all’iscrizione postuma al club degli amici. Storia vecchia, fu così pure per Giovanni Falcone. Pensiamo al senatore Marcello Dell’Utri. Lui sostiene la sua innocenza, con pieno diritto. Finora ha avuto torto due volte su due. Se la condanna fosse confermata in Cassazione sarebbe davvero difficile credere alla buonafede della sua buonafede. Intanto, resta un’ombra forte di responsabilità sancita dal verdetto d’appello, pure con l’affermazione della sacrosanta presunzione d’innocenza. E il frettoloso lavacro dell’interesse di parte con cui si è tentato di purgare il senso della sentenza di Palermo non autorizza lo smarrimento della lucidità complessiva. Non ci furono legami tra la mafia e Forza Italia? Benissimo, si può – al momento – tirare un sospiro di sollievo, perchè pure un’opposizone ragionevole dovrebbe preferire il confronto con un avversario onesto, evitando di speculare su una fin qui indimostrata vicinanza di Berlusconi ai boss.
Tuttavia, Marcello Dell’Utri è stato condannato, non assolto. La favoletta dei giudici “poco coraggiosi” è pura mercanzia di bottega e serve a confondere le acque. Inoltre, la protervia con cui Dell’Utri continua a rimarcare la “santa” memoria di un noto mafioso come Vittorio Mangano completa il quadro. Anzi di quel quadro è l’immagine centrale. E’ l’essenza della confusione che ci affligge e che mescola a piacere stelle e punti cardinali. Nel calderone indistinto sono tutti eroi, sono tutti buoni, tutti sono emendabili, tutti erano amici di Falcone e Borsellino. Invece, siamo davanti a posizioni inconciliabili, stavolta. O Paolo o Marcello, o via D’Amelio o la stalla di Arcore. Nessun compromesso, nessuna sintesi.In un sistema solare che annovera Vittorio Mangano tra i suoi santi e i suoi eroi, al compianto Paolo Borsellino toccherebbe per forza – e lui ne sarebbe contento – la maschera del diavolo.
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