Separazione delle carriere: nessuno scandalo ma serve davvero?

Separazione delle carriere: nessuno scandalo ma serve davvero?

Fa discutere il disegno di legge di revisione costituzionale
L'OPINIONE
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Chi sono in atto i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura? Oltre ai tre membri di diritto – il Presidente della Repubblica, il primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione e il Procuratore Generale presso la stessa Corte – vi sono i membri “togati”, cioè i magistrati (di legittimità, giudicanti e requirenti), e i membri cosiddetti “laici” eletti dal Parlamento in seduta comune (scelti tra professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio della professione).

La giustizia secondo i padri costituenti

Perché questa premessa? Per fare notare, da convinto estimatore della nostra Costituzione, così come l’hanno concepita e formulata i Padri costituenti, che la tentazione della politica di mettere mano sulla Giustizia c’è stata sempre nonostante i principi della separazione dei poteri e dell’indipendenza e autonomia della magistratura.

Qual è la ragione alla base della previsione di componenti eletti dal Parlamento? Secondo i costituenti evitare la formazione di una sorta di “casta” totalmente separata e asserragliata nei suoi privilegi. In realtà, basterebbe la presenza del Capo dello Stato in qualità di presidente a impedire il delirio di onnipotenza.

Politica vs magistratura

Comunque, non voglio accendere un dibattito sulla questione, certo è che l’organo legislativo, Camera e Senato, è uno dei tre poteri dello Stato e non dovrebbe introdursi nell’organismo di autogoverno di un altro potere, eppure… Quindi, non pensiamo che sia un fenomeno inedito, soprattutto adesso con le destre al governo perennemente in conflitto con la magistratura dai tempi di Silvio Berlusconi, la smania di controllare se non addirittura orientare i magistrati.

Per carità, all’epoca del varo della Costituzione, usciti da una guerra disastrosa e dalla criminale dittatura fascista, molto nobile era la politica e di elevato spessore morale e culturale erano i politici mentre ora, beh, lasciamo perdere.

Non mi scandalizza affatto una ipotesi, ormai disegno di legge di revisione costituzionale, di separazione delle carriere, cioè la separazione all’origine e definitiva tra magistrati requirenti (accusa) e magistrati giudicanti (giudice terzo).

Non mi scandalizza, anche se ancora non è chiaro in che maniera verrebbe declinata tale separazione con le leggi ordinarie a seguire, perché sarebbe la chiusura del cerchio del sistema penale accusatorio vigente in Italia. Mi spiego, ovviamente in estrema sintesi.

La giustizia dopo il 1989

Fino al 1989 avevamo il cosiddetto sistema inquisitorio, bruttissimo termine, lo so, mutuato dal diritto canonico. In buona sostanza, c’era una concentrazione, nella figura del giudice istruttore, di attività inquirente e tipica di un giudice. Il pubblico ministero assumeva informazioni sommarie e poi chiedeva al giudice istruttore di approfondire.

Il procedimento era caratterizzato dalla segretezza degli atti e dalla scrittura. Si andava dal giudice terzo con un evidente sbilanciamento a danno della difesa e con tutto già scritto, interrogatori, rapporti e dichiarazioni verbalizzati dal giudice istruttore. Dopo il 1989 le cose cambiano, dalla segretezza si passa al contraddittorio, con l’esame incrociato di imputati e testimoni, e dalla scrittura all’oralità.

La prova deve formarsi nel processo dinanzi a un giudice terzo finalmente al di sopra delle parti – accusa, difesa e civili – pure fisicamente, infatti il pubblico ministero siede adesso accanto ai difensori e non più sul banco del giudice, lateralmente. Una netta separazione delle carriere metterebbe il timbro finale sul sistema accusatorio senza possibili scambi di ruolo tra pm e giudici.

Personalmente non mi strapperei le vesti se rimanessimo con l’attuale separazione delle funzioni ma nemmeno, e qui i miei amici di sinistra storceranno il naso, se passasse la separazione delle carriere, a un patto: l’intoccabilità del principio della obbligatorietà dell’azione penale prevista in Costituzione e il mantenimento della qualifica di magistrato del pm.

Autonomia e indipendenza

Ecco dove risiede l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, nell’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge e nell’obbligatorietà dell’azione penale. Il pubblico ministero deve indagare appena viene a conoscenza in qualsiasi modo di una qualsiasi notizia di reato (senza ingerenze del Parlamento o dell’Esecutivo su quali reati attivarsi) e se conclude per la possibile sussistenza del reato deve chiedere al giudice per l’udienza preliminare (Gup), ecco l’azione penale, il rinvio a giudizio.

Da quel momento l’indagato diventa imputato. Nella riforma esitata dal Consiglio dei Ministri pare non si tocchi minimamente l’art. 112 Cost. che impone l’obbligatorietà dell’azione penale e il pm resta un magistrato non un avvocato come accade in altri ordinamenti. Non è poco.

Serve la separazione delle carriere?

Però, in conclusione, mi sembra di ripetere le considerazioni espresse sul Ponte dello Stretto di Messina in un mio precedente articolo: la Giustizia italiana ha oggi davvero bisogno della separazione delle carriere? Di due Csm, uno per i pm e uno per i giudici? Di un’Alta Corte per dirimere le controversie disciplinari relative ai magistrati? Servono i sorteggi per la scelta dei membri dei due Csm a debellare cordate e correnti in seno alla magistratura? Personalmente credo di no.

Occorre ben altro per garantire, nel civile e nel penale, processi celeri, giusti e non costosi. Occorre fornire gli uffici giudiziari di magistrati in numero sufficiente, di adeguato personale di cancelleria e di moderne attrezzature tecniche. Immaginare che la separazione delle carriere sia la soluzione dei mali della Giustizia italiana è una ingenua stupidità, farlo immaginare per ragioni politiche ed elettorali è un inaccettabile inganno.


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