Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno annullato il provvedimento di censura disposto dalla Sezione disciplinare del Csm nei confronti del pubblico ministero di Palermo Alessia Sinatra. Si dovrà fare un nuovo processo.
I messaggi a Palamara
Sinatra in alcuni messaggi inviati all’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, all’epoca leader di Unicost, gli aveva chiesto di ostacolare nella corsa alla procura di Roma l’ex capo dei pm di Firenze, Giuseppe Creazzo, che l‘aveva molestata sessualmente.
“Giurami che il porco cade subito”, “il mio gruppo non lo deve votare”, aveva scritto la pm a Palamara. All’allora procuratore di Firenze fu inflitta la sanzione della perdita di due mesi di anzianità per la molestia subita dalla collega nel 2015 in un hotel di Roma dove si stava svolgendo una riunione di corrente. Sanzione disciplinare anche per Sinatra che ha impugnato il provvedimento davanti ai supremi giudici.
“Condotta illecita ma…”
La Cassazione riconosce l’illiceità del comportamento del magistrato, che invece di denunciare le molestie cercò una “vendetta morale”. La sua condotta viene definita “inopportuna, connotata da modalità di comunicazione non consone al ruolo rivestito ed esorbitanti nei contenuti”.
Contestualmente, però, viene sottolineato che “il Csm non ha però verificato in concreto ed a posteriori se e in che modo la stessa abbia effettivamente leso il bene specificamente tutelato dalla singola norma cioè l’immagine del magistrato e della magistratura”.
“Grave sofferenza”
“Quand’anche si voglia trascurare il contesto amicale in cui le inopportune affermazioni e richieste sono state effettuate – si legge nella sentenza – non si può tralasciare di prendere in considerazione l’influenza che sul comportamento tenuto può aver avuto la grave e protratta sofferenza che accompagna chi sia stato vittima di molestie sessuali (nello specifico provenienti da un collega più anziano e nell’ambito di un contesto lavorativo)”.
Ed ancora: “Peraltro dagli atti del procedimento era emerso che la condotta abusiva di cui la dottoressa Sinatra era stata vittima aveva determinato effetti che permanevano nel tempo come crisi di ansia ed attacchi di panico in situazioni legate alla rievocazione di quell’evento”.
“La sentenza della sezione disciplinare, in definitiva, – a parere della Cassazione – non chiarisce affatto, tenendo conto della vicenda nella sua globalità, in che termini le conversazioni intercorse con il dott. Palamara si siano in concreto tradotte in una effettiva lesione del bene specificamente individuato dalla previsione dell’illecito disciplinare in esame (vale a dire in una concreta interferenza nelle attività consiliari), né, in caso negativo, se sia risultata lesa l’immagine pubblica del magistrato”.
Punti sui quali la Sezione disciplinare dovrà pronunciarsi nuovamente.