Sgarbi, Ciancimino, Ingroia| e la “mafia che non c’è più” - Live Sicilia

Sgarbi, Ciancimino, Ingroia| e la “mafia che non c’è più”

Tre notizie di cronaca, lette alla luce d'un "correlativo oggettivo". La mafia, l'antimafia e la trattativa tra la mafia e lo Stato, ispirano una domanda senza retorica, sulle virtù eroiche dei "professionisti dell'antimafia".

Vittorio Sgarbi, già assessore designato a Ragusa, dal candidato sindaco Ciccio Barone, ieri, era a Bordighera (paese ligure nella provincia di Imperia) e precisamente nella bella Villa Etelinda, perché ha accettato anche il posto di assessore in pectore del comune ligure (anche questo sciolto per mafia) nel caso Patrick Novembre diventasse sindaco. Come è solito, s’è lasciato andare a dichiarazioni polemiche.

Era uno Sgarbi scatenato e spettinato, quello che durante la conferenza stampa, ha tenuto una lezione su mafia e antimafia e d’altra parte, chi meglio dell’ex sindaco di Salemi, (anche questo comune sciolto per mafia l’anno scorso), poteva spiegare meglio che “la mafia non c’è più” e che questo, non vuol dire difendere la mafia, ma attaccare la finta antimafia e dopo, per essere ancora più chiaro, ha immediatamente citato Leonardo Sciascia: “C’è evidentemente un vento nelle cose – ha detto – che è quello per cui, nonostante l’intelligenza di alcuni, come Leonardo Sciascia, è comodo parlare della mafia, perché si creano subito degli eroi, che sono quelli che fanno l’antimafia. E naturalmente, quelli che non fanno l’antimafia, semplicemente perché non hanno la mafia davanti, sono degli ignavi. Quelli invece che lo fanno, non avendo niente davanti, diventano degli eroi e questo evidentemente è stata una scorciatoia per molti.”

Da cronisti, vogliamo notare, che queste dichiarazioni per chissà quale coincidenza, arrivano nel giorno in cui la procura di Palermo, ha chiamato sul banco dei testimoni, nel processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, nientemeno che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, detto Il Sobrio e questo è avvenuto con la benedizione dell’ex Pm Antonio Ingroia, quello che, ultimamente invece di lavorare, raccoglie tapiri e semina commenti. Questi due fatti, distinti e separati, hanno scatenato nella nostra testa (zeppa di libri, tra cui anche quelli di T.S. Eliot), un “correlativo oggettivo”. Abbiamo perciò subìto la catena contingente degli eventi e questa ci ha emozionato e come se non bastasse ieri, sono state pubblicate sul quotidiano Il Sole 24 ore, alcune intercettazioni (ad opera della procura di Roma e de L’Aquila) di Massimo Ciancimino (è lui il perno della presunta trattativa tra lo Stato e la mafia), conversazioni, quelle del figlio di Don Vito che gettano nel grottesco l’opera dei pubblici ministeri palermitani, che dalle stanze della procura tentano di rubare il posto agli storici e vorrebbero riscrivere il recente passato d’Italia ad uso e consumo di prossimi eroi, eroi all’Ingroia per intenderci e perciò eroi da flop.

Da quanto scritto da Nino Amadore sul giornale economico, si apprende che le testimonianze rese da Ciancimino Junior sono il modo per chiudere le inchieste che gravano sulle società di quest’ultimo ed emerge anche il quadro inquietante di rapporti che aveva con i magistrati che lo hanno gestito come testimone. Sono in molti a credere (ed a ragion veduta, vista la cronaca recente), che il processo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, sia il trampolino di lancio per imprese politiche da parte dei paladini “professionisti dell’antimafia”. Il nostro “correlativo oggettivo”, s’è sviluppato formulando la seguente catena di pensieri: Ciancimino, Sgarbi, Ingroia e la “mafia che non c’è più” … E così ci siamo posti una domanda, che davvero non vuole essere retorica: Ciancimino e Ingroia, due facce della stessa società civile e per dirla con le parole di Sgarbi: due eroi che hanno preso la stessa scorciatoia?


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