Spese pazze all'Ars, indagine chiusa | "Processo per 13 ex capigruppo" - Live Sicilia

Spese pazze all’Ars, indagine chiusa | “Processo per 13 ex capigruppo”

La richiesta di rinvio a giudizio dei pm. Chiesta l'archiviazione per Antonello Cracolici, che era alla guida del gruppo parlamentare Pd e per un'altra quarantina di deputati. Per altrettanti le indagini proseguono. Leggi l'elenco dei deputati per cui è stata chiesta l'archiviazione. Leggi la lista degli onorevoli per cui le indagini proseguono

l'inchiesta della procura di palermo
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PALERMO – Alla fine dei quattordici capigruppo della scorsa legislatura solo per Antonello Cracolici del Pd c’è la richiesta di archiviazione. Per tutti gli altri la Procura chiede il processo per le cosiddette spese pazze dell’Ars. Così come degli 86 deputati indagati all’inizio la richiesta di archiviazione riguarda circa la metà degli stessi. Tra questi ci sono il sottosegretario all’Istruzione del governo Renzi, Davide Faraone, il neo assessore regionale alla Salute, Baldo Gucciardi, e il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. La posizione degli altri indagati viene stralciata e confluisce in un fascicolo separato che prosegue.

Borse pregiate, gioielli, auto. E persino multe, fumetti e pandori. Anche per queste cose servivano, secondo l’accusa, i soldi pubblici messi a disposizione dei gruppi dell’Assemblea regionale nella scorsa legislatura. Adesso sarà il giudice per l’udienza preliminare a stabilire se se davvero di spese pazze si è trattato e a decidere se celebrare un maxi processo ai componenti dell’ex parlamento siciliano. Alla fine è arrivata una pesante scrematura. Nel marasma delle spese dei gruppi parlamentari i pubblici ministeri hanno deciso di contestare solo quelle non rendicontate e quelle considerate “palesemente” lontane dai fini istituzionali e politici. Dietro la scelta c’è già una precisa strategia processuale.

Prediamo, ad esempio, i pranzi e le cene consumate dagli ex onorevoli fra il 2008 e il 2012. Faccenda complicata dimostrare processualmente che una riunione a tavola non avesse finalità politiche. Per evitare di ritrovarsi nella lista testi della difesa centinaia e centinaia di commensali si è pensato, alla fine, di “chiudere un occhio”. Un eventuale processo sarebbe durato un’eternità anche se non ci sono rischi di prescrizione all’orizzonte. Il reato di peculato contestato agli indagati prevede, infatti, una pena massima di dieci anni, tanto quanto il limite di prescrizione che può essere aumentato fino a 12 anni e mezzo. Le ipotesi di reato contestate dal procuratore Lo Voi, dall’aggiunto Agueci e dai sostituti Agnello, Battinieri e Demontis riguardano episodi iniziati nel 2008. C’è tempo, dunque, per la celebrazione di un eventuale processo senza il peso della spada di Damocle della prescrizione.

Discorso a parte per il capitolo “dipendenti”. Milioni di euro in questi anni sono stati spesi per mantenere il personale, precario o stabilizzato, dei gruppi parlamentari. Un comportamento non immune dalla censura dei pubblici ministeri. Solo che tutti i capigruppo coinvolti nell’indagine hanno ricevuto in eredità da chi li ha preceduti la situazione di tantissimi dipendenti. Insomma, era complicato pretendere che mettessero i lavoratori alla porta.

I finanzieri del nucleo Tutela spesa pubblica che fa parte della PoliIa tributaria hanno setacciato montagne di carte dalle quali sono emerse alcune spese simbolo delle indagini. Quelle che non avrebbero nulla a che fare con l’attività parlamentare, unico motivo per il quale quelle somme vengono stanziate ogni anno. L’ex capogruppo di Fli e poi dell’Udc Giulia Adamo, ad esempio, ha pagato liquori e vini con un assegno da 1.600 euro. Ma l’onorevole marsalese avrebbe disposto il pagamento o il rimborso di 440 euro per una borsa Louis Vuitton, cravatte e carrè di seta “Hermes” per 1.320 euro, una borsa Bagagli da 145 euro. Per i pm non sono “meglio giustificate” spese per oltre 48 mila euro dell’ex capogruppo del Pid Marianna Caronia.

Quando tra i capigruppo (di Forza del Sud) figurava anche Cateno De Luca. Con i soldi del gruppo parlamentare (6.698 euro per l’esattezza), il politico di Fiumedinisi avrebbe continuato a pagare le rate leasing dell’Audi A6 nonostante De Luca fosse uscito da Forza del Sud. Inoltre lo stesso De Luca avrebbe utilizzato i soldi del gruppo (1.810 euro) per comprare 133 agende Nazareno Gabrielli consegnate alla sua segreterie politica di Messina. Con 39 mila euro del gruppo invece Cataldo Fiorenza avrebbe fatto acquisti in negozi di abbigliamento, gioiellerie, supermercati, farmacie, negozi di giocattoli, arredamento, elettronica, centri estetici, ristoranti, pasticcerie, pizzerie, enoteche.

Secondo la procura, Innocenzo Leontini, ex capigruppo di Forza Italia si sarebbe appropriato di 7.100 euro del gruppo per un acquisto in una gioielleria di Modica, 210 euro per due piatti di cristallo, 486 euro per un servizio di sei tazze, 236 euro per tre piatti da portata in acciaio (tutti comprati in negozi di Palermo), 15 euro per un cesto floreale , 237 euro spesi al supermercato Gs di via Oreto per comprare panettoni, pandori bottiglie di spumante Gancia. E un capitolo a parte merita quello riguardante le “automobili”. Leontini infatti avrebbe speso 830 euro per riparare una “non meglio identificata autovettura”, 51 per pagare una multa per una sua infrazione al codice della strada. E sempre a proposito di auto, l’ex capogruppo del Pid, Rudy Maira, si sarebbe fatto rimborsare le spese (48 mila euro e 29 mila) per il leasing della sua auto personale: una Audi A6 V6 3.0 Fap quattro Tiptronic. Un po’ come Francesco Musotto, che avrebbe utilizzato 22 mila euro per le spese della Audio A6 a disposizione del senatore e allora commissario regionale del Mpa, Vincenzo Oliva. Ad Oliva sarebbero state rimborsate ulteriori spese per 17 mila e 500 euro.

L’ex capogruppo di Fli Livio Marrocco, invece, avrebbe speso mille euro per un soggiorno in albergo, 1.782 euro alla voce regalie, 1651 euro giustificati come “pranzi di Pasqua, acquisto di pasta fresca, abbigliamento, articoli da profumeria, ottica, lavanderia, erogazioni liberali, revisione motociclo personale”. Ma i soldi, secondo i pm, sarebbero stati usati dallo stesso Marrocco anche per altre spese del gruppo, fra cui panettoni e spumanti (40 euro), acquisti in un bar di Palermo (16 euro anticipati da un dipendente del gruppo) e 179 euro per  l’acquisto di fumetti Diabolik. Così come mancherebbero le pezze d’appoggio per giustificare alla voce “attività politica” i nove mila euro ricevuti quando era semplice deputato del gruppo.

A Francesco Musotto, oltre al leasing dell’auto del commissario Mpa sono stati contestate anche spese per 24.100 euro, soldi prelevati in undici assegni. E persino 160 mila euro movimentati in contanti o in assegni, alcuni dei quali utilizzati per pagare persone “non appartenenti al gruppo”. Al neoparlamentare europeo Salvo Pogliese, invece, ecco contestate spese molto eterogenee. Tra queste, persino 1.200 euro per la “sostituzione di varie serrature e varie maniglie per porte, con saldature varie ed aggiunzioni pezzi di canaletto per tenuta vetri, pulitura con flex nelle parti ossidate con passaggio di pittura antiruggine” nello studio catanese del padre, la permanenza in albergo anche dei familiari e 280 euro per la retta scolastica del figlio.

A Paolo Ruggirello del Gruppo misto viene contestato l’appropriazione di 3500 euro senza che abbia fornito alcuna pezza d’appoggio o giustificazione di spesa. A Giambattista Bufardeci di Grande Sud 4278 euro utilizzati per il periodo da marzo a dicembre 2011 e da gennaio ad ottobre 2012, “di spese varie inerenti ad alberghi, ristoranti e di altre spese non documentate”.

A Nunzio Cappadona, capogruppo di Mps, viene contestato di essersi appropriato di 15 mila euro “sul cui impiego non veniva fornito alcun documento fiscale, contabile ed extracontabile” ed inoltre di varw disposto il pagamento di poco più di 14 mila euro in favore della cognata, sua collaboratrice personale. Infine ci sono i 26 mila ero contestati a Nicola D’Agostino giustificati alla voce “contributo di funzionamento”. Per i pm non basta per evitargli la richiesta di rinvio a giudizio.


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