Siccità, l'allarme di Coldiretti: "Meno 30% di raccolta di riso" - Live Sicilia

Siccità, l’allarme di Coldiretti: “Meno 30% di raccolta di riso”

Ci sono aree dove il rischio stimato è anche maggiore

Sono stimate del 30% le perdite provocate dalla siccità nel raccolto di riso in Italia, in un momento in cui l’aumento record dei costi di produzione provocato dalla guerra in Ucraina ha già tagliato di 10.000 ettari le semine a livello nazionale. Lo indica l’analisi della Coldiretti relativa al settore, “strategico per l’economia e l’approvvigionamento alimentare del Paese”, con un raccolto di 1,5 milioni di tonnellate di riso l’anno, che “equivale a oltre il 50% dell’intera produzione dell’Unione Europea” e con “una gamma di varietà unica e fra le migliori a livello internazionale”.

Dei 217mila ettari coltivati a riso in Italia, il 90% è concentrato al Nord, fra Lombardia e Piemonte. Qui, rileva la Coldiretti in una nota, “è stato chiesto lo stato di emergenza e si attende nel prossimo Consiglio dei Ministri il decreto antisiccità annunciato dal premier Mario Draghi”.

In particolare, prosegue la nota, “ci sono aree fra le province di Novara, Vercelli e parte di quella di Pavia, dove il rischio concreto è di perdere anche il 40% della produzione in seguito alla mancanza di acqua” e “diversi agricoltori si sono trovati nella drammatica situazione di dover scegliere chi far sopravvivere con le irrigazioni: una risaia piuttosto che un’altra, un campo di mais o uno di Carnaroli o Arborio”.

L’emergenza siccità, prosegue l’organizzazione agricola, si somma a quella dei rincari delle materie prime, con aumenti che vanno dal +170% dei concimi al +129% del gasolio. “Per cercare di contrastare l’aumento dei costi di produzione bisogna lavorare fin da subito sugli accordi di filiera, che – rileva il presidente della Coldiretti Ettore Prandini- sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione”. Sul settore pesa inoltre “la concorrenza sleale delle importazioni low cost dai Paesi asiatici, che vengono agevolate dall’Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori”.


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