Covid, Sicilia: bruciati 4,82 miliardi in due anni di pandemia

Covid, Sicilia: bruciati 4,82 miliardi in due anni di pandemia

Emerge dal bollettino del Commissariato dello Stato per l'Isola

Nei due anni di pandemia da Covid19, in Sicilia sono andati bruciati 4,82 miliardi di euro. Nel 2019 il Pil nell’Isola aveva toccato quota 89,24 miliardi, il valore più alto dal 2010; l’anno successivo, nel clou pandemico, il Pil è crollato a 83,55 miliardi, oltre 5,6 miliardi in fumo. Con la fine del lockdwon e le politiche di sostegno all’economia, il Pil è tornato a crescere recuperando solo in parte il gap, chiudendo, nel 2021, a quota 88,37 miliardi, 872 milioni in meno rispetto al picco del 2019.

Dati Istat

E’ quanto emerge dalla lettera d’informazione del Commissariato di Stato per la Sicilia, che pubblica alcune tabelle dell’Istat. “Tra il 2010 e il 2021, la media del Pil in Sicilia risulta pari a 87 miliardi, il valore più basso nel 2020: 83,55 miliardi”.

Il Rapporto

Il Rapporto “In quali Comuni italiani la realizzazione delle opere del PNRR incontrerà le maggiori difficoltà?”, che la Fondazione CON IL SUD ha commissionato a Gianfranco Viesti, professore ordinario di economia applicata presso l’Università di Bari “Aldo Moro”, esamina le dinamiche d’insieme delle amministrazioni comunali italiane negli ultimi 15 anni, riprendendo in particolare alcune analisi della Banca d’Italia.

Personale dei Comuni italiani ridotto al Sud

Emerge che il personale dei Comuni italiani si è ridotto del 27% fra il 2007 e il 2020, con una dinamica decisamente peggiore al Sud che nel resto del paese, anche a causa della mancata o distorta applicazione delle norme sul finanziamento dei Comuni. I dati già disponibili mostrano anche più elevati tempi di realizzazione degli investimenti pubblici nei comuni del Mezzogiorno, che possono essere legati anche ad una relativa carenza di personale qualificato. Un campanello d’allarme per il PNRR.

I dati della Ragioneria Generale dello Stato

Lo studio prosegue con una analisi basata su dati della Ragioneria Generale dello Stato, relativa a ciascuno dei 103 comuni italiani medio-grandi, cioè con una popolazione superiore ai 60.000 abitanti. Per ognuno di essi vengono presentati dati relativi al rapporto fra dipendenti del comune e popolazione al 2019 e sulla variazione di questo rapporto rispetto al 2008. Nelle amministrazioni di Napoli e di Bari, ad esempio, il numero di dipendenti rispetto alla popolazione è intorno alla metà rispetto a Firenze e Bologna; e che i dipendenti del Comune di Napoli si sono ridotti di oltre il 50%.

Indicatori di “qualità” del personale

Vengono poi presentati anche alcuni possibili indicatori di “qualità” del personale: la
sua suddivisione per titolo di studio, per età, per inquadramento professionale. Si scopre così ad esempio che a Palermo e Catania la percentuale di dipendenti laureati è meno della metà della media nazionale, che a Catania solo 3 dipendenti comunali su 100 hanno meno di 50 anni e che ancora a Catania, ma anche a Siracusa e a Lamezia Terme, la percentuale di dipendenti con qualifiche dirigenziali è particolarmente bassa

Queste informazioni sono combinate in un indice sintetico allo scopo di indicare il “grado di difficoltà” delle amministrazioni comunali a far fronte alle proprie responsabilità, per una insufficiente dotazione, quantitativa e qualitativa, di personale. L’indice conferma che, con qualche eccezione (Carpi e Imola in
Emilia, Guidonia, Aprilia e Latina nel Lazio), tali difficoltà sono molto maggiori in alcune amministrazioni del Mezzogiorno. In particolare, in Campania (Giugliano, Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Napoli, Caserta, Casoria), Calabria (Catanzaro, Lamezia, Reggio Calabria, Cosenza), Sicilia (Catania, Gela, Messina, Trapani, Caltanissetta), Puglia (Foggia, Andria, Taranto, Barletta, Brindisi) e a Matera. Due fra le maggiori città italiane, Napoli e Catania, sono quindi in una posizione fra le più critiche. Questi sono comuni certamente in grandissima difficoltà sia nella fornitura di servizi ai propri cittadini sia nella realizzazione di infrastrutture, perché le Amministrazioni presentano forti carenze in quantità e/o in qualità nel personale disponibile, ovvero perché il personale si è contratto in misura assai significativa.

Borgomeo: “Lo studio conferma criticità su qualità della PA al Sud”

“Lo studio sfata alcuni luoghi comuni sulla ‘quantità’ della PA al Sud e conferma, purtroppo, le criticità sulla ‘qualità’ – sottolinea Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione CON IL SUD – negli ultimi anni i dipendenti del Comune di Napoli si sono ridotti di oltre il 50%. Le criticità gravi e gravissime colpiscono in maniera netta le amministrazioni pubbliche meridionali. Si può e si deve intervenire rapidamente, a partire da una reale collaborazione pubblico-privato sociale per un’azione ‘pubblica’ nel senso più alto e più nobile del termine. La Fondazione è disponibile a mettere a disposizione le migliori prassi ed esperienze di rete avviate efficacemente in questi anni al Sud, attraverso le organizzazioni di Terzo settore e un dialogo con le istituzioni pubbliche e private: un network di 7 mila organizzazioni che comprende mondo non profit, istituzioni pubbliche e imprese”.


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