Dottore Cartabellotta, a che punto è la sete?
“L’impegno per contrastare la siccità è elevato e il governo ha un serio programma di investimenti, ma la verità di fondo è che l’azionista di maggioranza è il Padreterno. Se continua a non piovere…”.
Dario Cartabellotta, dirigente generale del dipartimento Agricoltura, è l’uomo della pioggia che non c’è. La giunta Schifani, nel dichiarare lo stato di crisi ed emergenza siccità per il settore zootecnico, lo ha nominato commissario. Parliamo di un burocrate considerato capace ed esperto da tutti. La sfida è molto difficile, in un girone infernale di campi arsi e bestiame assetato, con conseguente dramma degli agricoltori.
In un documento del dipartimento del 2024 si ricorda che la Sicilia viene definita ‘zona rossa’ dal punto di vista del clima. Una qualifica che preoccupa.
“Il punto di partenza di ogni ragionamento è questo: non si tratta di trovare rimedi per una questione solo congiunturale ed emergenziale, ma strutturale, se guardiamo alle precipitazioni degli ultimi anni. Qualcosa con cui dovremo fare i conti in prospettiva, non solo tamponando”.
Leggo da quel rapporto: ‘Le piogge del 2023 pari a 588 mm ricadono nella media climatica ma nascondono in realtà un bilancio problematico più di quanto non appare a prima vista perché la distribuzione temporale e territoriale degli eventi ha presentato anomalie di grande rilevanza’. Che significa?
“Che ci riferiamo, nello specifico, al ciclone Helios che ha investito Ragusa, Siracusa e Catania il 9 e 10 febbraio e alle abbondantissime precipitazioni record di maggio che non si verificavano dal 1921. Acqua caduta con una tale violenza da devastare le coltivazioni e distruggere il fieno. Per il resto dei mesi, non ha praticamente piovuto e non sta piovendo”.
Ma abbiamo anche un problema di impianti e di strutture, di incapacità di trattenere l’acqua…
“Il problema che il governo Schifani vuole seriamente risolvere, aumentando la capacità dei nostri invasi, i collegamenti e le reti infrastrutturali e poi ci sono anche delle idee nuove, in fase di realizzazione”.
Quali?
“Per esempio, appunto, la realizzazione di 314 laghetti collinari, una spesa di 35 milioni di euro già finanziata, che porteranno trenta milioni di metri cubi d’acqua praticamente a casa dell’agricoltore. A cui si aggiungono 100 milioni già decretati per la manutenzione straordinaria delle reti irrigue e il programma di investimenti di circa 800 milioni nell’ Agenda del piano nazionale per la sicurezza del settore idrico che coinvolge acqua irrigua e potabile”.
Altri rimedi possibili?
“Il riutilizzo delle acque reflue con le recenti disposizioni regionali di attuazione del regolamento 741/2020 dell’Unione Europea. A titolo ancora di esempio: i depuratori di Cefalù, Catenanuova, Marsala e Gela sono tra i primi da cui fuoriescono acque perfettamente idonee per il riuso”.
Lo stato d’emergenza facilita il compito, in teoria?
“Sì, anche nella movimentazione delle greggi, nelle regole per l’uso dei corsi d’acqua per gli animali e l’irrigazione di soccorso, con minori vincoli burocratici e nel sostegno agli agricoltori in difficoltà”.
Ricorda momenti simili?
“Nel triennio 1988-90 si verificò una situazione di gravissima di crisi idrica e il problema si pose in tutta la sua drammaticità. Chi pensò già allora alle acque reflue e chi a sparare ‘sulle nuvole’… Poi ricominciò a piovere e la vicenda fu accantonata. Adesso, fa affrontata come emergenza, lo ripeto, e come prospettiva”.
Confidando nel Padreterno…
“Se non ricomincia a piovere, sarà dura”.