“The White Lotus” per Taormina, “Il Commissario Montalbano” per Vigata, “Makari” per Trapani e dintorni, le serie tv distribuite dalle piattaforme digitali determinano le scelte di viaggio di italiani e stranieri verso la Sicilia.
A confermare la tendenza, il risultato del progetto di ricerca “Comunicazione, media e turismo”, avviato nel 2020/21 dalla partnership tra Università Cattolica, con le sue unità dedicate CeRTA – Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi e Cattolica per il Turismo, e Publitalia ’80 – Gruppo Mediaset.
La ricerca indaga il peso della notorietà e attrattività delle destinazioni turistiche italiane e del ruolo dei media nella loro rappresentazione e valorizzazione.
Agli intervistati italiani (duemila), è stato sottoposto un campione di contenuti mediali (tra serie tv, film e programmi televisivi unscripted di intrattenimento e di advertising istituzionale trasmessi in televisione (e promossi principalmente dalle regioni) con l’obiettivo di mappare la riconoscibilità dei luoghi rappresentati e lo stimolo alla selezione degli stessi come possibile meta di destinazione.
Ci racconta i risultati della ricerca il professore Paolo Carelli, docente di Teoria e Tecnica dei Media e Storia e Linguaggi del Broadcasting presso la Facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia.
Come viene raccontata la Sicilia nei programmi televisivi?
“Analizzando le produzioni televisive e mappando le ultime rappresentazioni della Sicilia nelle serie tv e anche negli unscripted, cioè i programmi di intrattenimento, la mafia, che è stata il punto chiave per anni, non lo è più. Il titolo per eccellenza è ‘Il Commissario Montalbano’, che racconta il territorio siciliano, carico di stereotipi che funzionano tanto bene all’estero. Questa serie ha di fatto rivitalizzato la narrazione della Sicilia e creato effetti positivi sul turismo”.
Non più Mafia ma soft crime con al centro il territorio?
“La serie sul commissario Montalbano è un caso molto particolare perché ha reso estremamente nota e riconosciuta una città che nella realtà non esiste: Vigata. Sulla scia della serie con Zingaretti, molti altri polizieschi, crime più o meno soft del servizio pubblico hanno avuto al centro la Sicilia, non tanto per parlare di Mafia ma con l’idea di localizzare fortemente un contenuto. Il crime è un genere che ben si presta ad una dimensione ambientale, penso a Makari che ha contribuito a rivitalizzare un altra zona della Sicilia, la provincia di Trapani. La Mafia è uno sfondo ma non è la Squadra Antimafia o Ultimo, o le serie che avevano proprio al centro quel tipo di oggetto.”
La ricerca ha evidenziato la scelta dei comunicatori di puntare su due aree tematiche per raccontare la Sicilia: arte e enogastronomia.
“Questa scelta fa il pari con la narrazione delle serie tv, non ho mai visto Montalbano andare a giocare a tennis, ma l’ho visto seduto a mangiare in trattoria.”
Nella vostra ricerca avete analizzato anche i programmi di intrattenimento.
“Interessante è stato l’effetto dei programmi di intrattenimento rispetto alle caratteristiche enogastronomiche. Cotto e mangiato ha fatto tante puntante speciali sulla Sicilia, Food Network ha dedicato un programma dal titolo ‘Eccellenze di Sicilia’.”
Cibo e territorio risultano quindi due asset vincenti per la nostra isola.
“Sicuramente si, ma va considerato che trasformare un territorio in protagonista assoluto di un programma unscript, mettendola addirittura nel titolo, è cosa veramente molto rara. L’intrattenimento è meno legato ad un territorio specifico, di quanti non lo sia una serie. L’intrattenimento per natura del format, spinge ad avere ogni puntata in un luogo diverso è raro trovare un programma che ha un focus su un unico territorio.
Oltre ai polizieschi sembra esserci un ritorno alle produzioni period, sono appena iniziate le riprese a Palermo de “Il gattopardo”. Che sia questo un nuovo filone di contenuti per raccontare la Sicilia?
“Il tema del period e il period drama ha ripreso molto piede grazie alle piattaforme che sperimentano molti titoli in questo senso ed è una chiave di lettura ulteriore anche per attirare spettatori internazionali. Il caso della Liguria con Hotel Portofino è stato molto interessante, adesso penso a “La legge di Lidia Poët” su Netflix. In questa serie c’è una narrazione della città di Torino molto interessante, la serie è ambientata a fine ottocento quindi racconta anche un città non sempre riconoscibile ma molto affascinante.”
Quanto la Sicilia viene scelta dal pubblico internazionale?
“La Sicilia è un brand riconosciuto anche internazionalmente, stiamo svolgendo una indagine per capire quanto l’Italia viene raccontata nelle produzioni internazionali e anche in questo caso le produzioni di intrattenimento, i docu reality, i programmi di viaggio, vedono la Sicilia è molto presente, così come Venezia, Firenze e Roma. La Sicilia sembra entrata nella rosa dei grandi classici.”
La ricerca ha confrontato, in una delle sue sezioni, anche l‘investimento pubblicitario delle Regioni a livello istituzionale. Tra i Top Spender a livello di «Sistema Regione» troviamo come leader indiscusso il Trentino, con una Share of Voice del 17%, che si distanzia notevolmente dalle altre Regioni investendo 5,8 milioni nel 2021; a seguire troviamo la Sicilia, l’Alto Adige e le Marche tutti con una spesa pubblicitaria superiore ai 3 mio €.
La Sicilia non è solo tra i top spender, ma conquista anche la classifica nel ricordo.
“Oltre all’ammontare dell’investimento la ricerca ha indagato il risultato di questa spesa in termini di ricordo, di desiderio e di azione. Noi abbiamo chiesto a duemila italiani se si ricordavano di aver visto lo spot in televisione ed il risultato ha evidenziato che la campagna SeeSicily ha registrato il 40% di ricordo, superando Trentino, Marche e Campania. Questo vuol dire che dal punto di vista dell’investimento è stata efficace, la campagna See Sicily è stata effettivamente riconosciuta dal pubblico.”
Questo grande risultato cosa ha determinato?
“La Sicilia ha un dato molto elevato sul cosiddetto tasso di fedeltà, raggiungendo il 39%. I nostri intervistati hanno prevalentemente risposto: c’ero già stato e mi è venuto voglia di ritornarci. Il questionario chiedeva anche: ho visto la pubblicità e mi è venuta voglia di andarci, ho visto la pubblicità e ci sono andato. Le risposte hanno determinato, quello che abbiamo chiamato tasso di scoperta, che arriva al 53%.”