I signori della droga | La mafia si rifà sotto - Live Sicilia

I signori della droga | La mafia si rifà sotto

Nei nuovi traffici spunta l'ombra dei vecchi padrini. Intrecci svelati dalle microspie.

PALERMO – Forse è al passato che bisogna guardare per scovare la mafia che c’è ma non si vede. Le cronache svelano le nuove rotte della droga e si scava per scoprire gli interessi dei boss. Nei mesi scorsi sono stati arrestati Placido Anello e Alessandro Bono. Secondo gli investigatori, erano diventati i nuovi signori della cocaina. Il primo aveva base operativa in Germania, dove ha fatto fortuna aprendo alcuni ristoranti, mentre il secondo si muoveva tra Torretta e Carini, in provincia di Palermo. Era riuscito ad attivare un contatto diretto con i narcos colombiani. 

Girolamo Mondino, che a Santa Maria di Gesù tutti chiamano Mommino u lavannaru, era uscito dal carcere nel 2011, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia. Classe 1934, due anni fa è finito di nuovo sotto inchiesta per mafia. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria e del Goa, la sezione antidroga, guidate dal colonnello Francesco Mazzotta e dal tenente colonnello Giuseppe Cambasso, iniziano a scavare nella vita di Mondino alla luce anche di una segnalazione della Dea (l’agenzia antidroga americana) che lo ha visto transitare tre anni fa in Turchia.

Saltano fuori i contatti con Placido Anello. Un paio di telefonate risalenti al 2014 e 2015 aprono una pista. Nella prima conversazione Michele Mondino, altro componente della famiglia, e Placido Anello parlano di belle macchine. Forse vogliono importarle dalla Germania in Sicilia. O forse stanno solo cercando di nascondere chissà quali affari illeciti. Non ci sono ancora risposte. La chiamata più datata è quella fra due donne. Sono rispettivamente la compagna di Benito Amodeo, figliastro di Anello, e la moglie del ristoratore emigrato in terra tedesca. Una nuova intuizione spinge i finanzieri ad occuparsi di Anello. Le sorprese non mancheranno.

La prima riguarda la spedizione a Palermo di una pistola. Nel giugno scorso, vicino al valico “Ponte Chiasso” tra Italia e Svizzera gli uomini del Gico bloccano Salvatore Greco, 48 anni, accusato, assieme ad Anello, che di anni ne ha 42, dell’invio di una “Smith & Wesson 357 Magnum” con matricola abrasa e di oltre 320 cartucce. Era tutto nascosto sotto il sedile di un furgone di Anello, bloccato al Porto di Palermo, e guidato da Massimiliano Bellavia, un agrigentino suo socio che lavora in uno dei ristoranti. Greco in passato ha avuto delle grande giudiziarie tanto che è stato sottoposto all’obbligo di soggiorno per mafia. Nel 2008 ha subito la confisca dei beni quale “terzo intestatario” nell’ambito del provvedimento a carico di Rosario Inzerillo, storico boss di Passo di Rigano. Un nome della vecchia mafia che fa riavvolgere il nastro della storia ai vecchi boss costretti a scappare in America dalla furia corleonese, ma che a poco a poco, sono tornati in città. È a qualche appartenente del clan mafioso che serviva la pistola? Un’arma pulita, mai utilizzata a Palermo.

Roma, Napoli, Bolzano, Reggio Calabria e Palermo: Alessandro Bono ha fatto capolino nelle indagini delle procure di mezza Italia. Eppure leggendo i brogliacci investigativi, sembrerebbe che di Bono non si siano accorti i pezzi grossi della mafia palermitana che con la droga lavora da sempre. Nel 2010 vendeva ecstasy importandola dalla Germania e sette anni più tardi si scopre che, compiuti 38 anni, trattava direttamente con i narcos colombiani. Scavando nel suo passato c’è una traccia. Era amico di Francesco Giambanco, assassinato nel 1999 a Carini. Un omicidio contestato ad Antonino Pipitone, Gaspare Pulizzi, Giovanni Cataldo (deceduto), e Freddy Gallina (su cui pende una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti).

Erano gli anni in cui i Passalacqua di Carini, a cui Bono veniva considerato vicino, dovettero sottomettersi ai Pipitone. Ad un certo punto anche Bono sarebbe stato considerato un soggetto a rischio. I Lo Piccolo avevano dato l’ordine di eliminare nemici e teste calde. Oltre a Giambanco furono uccisi Antonino Failla, Giuseppe Mazzamuto Lino Spatola, Felice Orlando e Giampiero Tocco. Bono si sarebbe defilato per un po’. Almeno così sembrava, salvo poi ritrovarlo alla testa, così sostengono i pm Salvatore De Luca e Maurizio Agnello, di una banda di trafficanti di cocaina. Dalla rete di intercettazioni, però, non è saltato fuori alcun contatto che farebbe pensare a coperture mafiose, come se i clan si fossero disinteressati dei suoi traffici. Una storia che non convince.

Bono è riuscito a crearsi un canale con i calabresi. In particolare con Rocco Morabito, fotografato al Mc Donlad’s della stazione Roma Termini assieme a Giovanni Sergio. Le indagini imboccano così una pista che arriva dritto ai clan Piromalli di Gioia operante nella Sicilia occidentale. Seguendo Bono i finanzieri arrivano ad altre figura importanti. Su tutte quelle dei fratelli Giuseppe e Salvatore Spatola. Sono tutti in contatto con un misterioso grossista di cui si conosce solo il nome, Freddy. Giuseppe Spatola è morto da alcuni mesi. Era stato scarcerato nel 2006 dopo vent’anni di carcere scontati in America per traffico di droga. Nelle conversazioni riservate si faceva chiamare il “capo di tutti i capi”. Adesso che è deceduto si lavora per capire chi abbia potuto prendere il suo posto.

 


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