Sarà per via di quel diminutivo contenuto nel nome, sarà per quegli squarci di vacanze estive lunghe e soleggiate in cui molti adulti cresciuti prima della televisione possono riconoscersi (Un filo d’olio, Sellerio 14,00 euro) sta di fatto che mi ero fatta un’idea familiare e rassicurante di Simonetta Agnello Hornby e immaginavo una conversazione lenta e rilassata, condita di ricordi e di storie.
Dimenticavo che la scrittrice, nata a Palermo e residente a Londra dal 1972, ieri a Vittoria per ritirare il premio Ninfa Camarina (edizione 2012), è anche un affermato avvocato. Ed ecco che la mia idea si dimostra assolutamente infondata: Simonetta ha il piglio autorevole e pratico di chi è abituata a disporre con razionalità del proprio tempo, una certa ruvidezza tagliente e una secca sveltezza di risposta. Eccepisce, ribatte, smonta e rimonta molte domande non nascondendo affatto di non trovarle per nulla perspicue.
Ad Hannah Arendt, la pensatrice ebrea tedesca poi vissuta a lungo negli Stati Uniti, chiedevano spesso cosa le fosse rimasto della Germania e lei rispondeva: «resta la lingua». Che cosa le resta della Sicilia?
«Resta» è riduttivo. Io sono siciliana e resto siciliana. Siciliana e Inglese. Non c’è niente che debba restare, resta tutto.
Lei ha detto di recente di aver scoperto improvvisamente di sentirsi inglese, di voler essere a tutti gli effetti inglese. Quali sono i tratti distintivi di questo sentimento? Che cos’è essere inglesi?
Mi successe 15 anni fa. Guidavo la macchina e mi sentivo … non bene: lottavo contro il mio essere inglese. Fu come – penso che la stessa cosa accada ai gay – non poter nascondere quello che si è, la mia inglesità. Poi mi sono guardata attorno e tutti, a Londra, non sono londinesi: cinesi, indiani, africani.
Il suo stile ha il pregio di un’estrema naturalezza: sembra che scrivere sia per lei un’attività assolutamente naturale, come mangiare o respirare. È così o c’è invece un lavoro dietro la pagina, un riscrivere, ripensare, limare?
Scrivere è un’attività naturale. È come parlare, è un fatto naturale. Ma anche parlare ha un lavoro dietro, prima di parlare bisogna pensare. Anche nella scrittura, il lavoro è a monte. Quando poi scrivo non c’è più da lavorare.
Quando ha avvertito l’esigenza di dedicarsi alla scrittura e che cos’è per lei scrivere?
Ho visto a Roma la storia della mennulara come film: ma prima doveva essere un libro e allora l’ho scritto (La Mennulara, Feltrinelli 2002, 5,62 euro) e presto ci sarà la trasposizione cinematografica. L’esigenza venne da questo. Ora scrivo – e guadagno, e questo è bello – ed è bellissimo. Quando scrivo sono nel mio mondo, ogni cosa è totalmente sotto il mio controllo: le persone, la vita, la morte.
L’ho vista in televisione cucinare un piatto della sua infanzia che consisteva in una contaminazione fra involtini alla palermitana e polpette (disposte in teglia come le sarde a beccafico!) . Qual è lo spazio della memoria e dei ricordi nella sua vita?
La memoria c’è sempre, si vive di ricordi. Nel mangiare cerco di ricostruire i ricordi e spesso sbaglio; ma non ha importanza, significa vivere, andare avanti. Non c’è niente di peggio che rimanere fermi.
Lei è impegnata in Inghilterra in una campagna a favore della cucina, dell’alimentazione sana e casalinga. Come è arrivata a questo impegno?
Si vive bene, io penso, se si mangia bene. A Londra ci sono grandi cuochi, ma spesso è una cucina frettolosa, un po’ una presa in giro. Un lavoro da celebrity. Non c’è la semplicità degli ingredienti, e così la cucina si è persa, disumanizzata.
Cucinare è per lei un aspetto del prendersi cura degli altri, o è anche un modo per sperimentare per giocare con il cibo?
È un modo di vivere. Non è prendersi cura degli altri e non è giocare. Non mi piace l’idea del gioco col cibo. Ma mi diverto quando cucino.
A Londra, dove abita, frequenta altri scrittori o intellettuali? Che clima culturale c’è a Londra?
Londra è una metropoli: ha tutti i climi, tutte le tendenze. La sua bellezza è questa: che c’è tutto! si vive molto bene a Londra.
Tornando in Sicilia, che cosa le piace fare, vedere?
Monte Pellegrino.
Proprio sopra casa mia.
Beata lei.