SIRACUSA – Ha chiesto il trasferimento alla Procura nazionale Antimafia, piuttosto che subire un trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Dopo essersi difeso strenuamente durante la fase istruttoria del procedimento per incompatibilità aperto dalla Prima commissione del Csm e aver incassato comunque la clamorosa richiesta, il giorno in cui il plenum avrebbe dovuto prendere la decisione, il Procuratore di Siracusa Francesco Paolo Giordano ha formulato la richiesta di andare altrove. Se accolta, sarà archiviato il trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale. Un buon compromesso? Chissà, lui per ora non rilascia dichiarazioni ma le carte a corredo della richiesta parlano per lui.
Tre mesi fa l’arresto clamoroso di un pm di Siracusa, Giancarlo Longo, accusato di aver pilotato fascicoli di indagine per favorire clienti di peso di due avvocati, in cambio di soldi e viaggi di lusso, un altro mezzo terremoto sta, tutto sommato, investendo la Procura di Siracusa. La richiesta della Prima commissione arrivata al plenum lo scorso 20 febbraio è fondata soprattutto sull'”irrimediabile frattura del rapporto fiduciario” che si sarebbe determinato tra Giordano e i suoi sostituti. Gli stessi (otto su undici) che due anni fa mandarono un esposto al Csm, al ministro della Giustizia, al Pg della Cassazione e alla procura di Messina, da cui è poi scaturita l’inchiesta che ha portato all’arresto di Longo (ora ai domiciliari) e di altre 14 persone. Quando gli aprì la procedura di trasferimento d’ufficio, la Commissione contestò a Giordano di aver minimizzato le anomalie nell’operato professionale di Longo e di altri colleghi che i firmatari dell’esposto gli avevano segnalato e di aver disincentivato, se non ostacolato, la formalizzazione di quei rilievi. Un giudizio che la Prima commissione ha confermato dopo l’istruttoria compiuta, inviando Giordano davanti al plenum con la richiesta di trasferimento per incompatibilità. Nonostante la corposa difesa del procuratore.
Entrando nel dettaglio delle contestazioni, Giordano ha rivendicato di aver “aperto cinque segnalazioni disciplinari contro il dottor Longo”, trasmettendo gli atti alla Procura di Messina “quando era doveroso”, e disponendo l’esonero dello stesso dall’assegnazione di nuovi procedimenti e dalla partecipazione a turni e udienze dopo l’apertura dell’indagine a Messina. Un primo screzio tra il capo della Procura e i suoi otto pm si era verificato nel maggio del 2016 riguardo alla modifica dei criteri organizzativi dell’ufficio che i sostituti avevano impugnato. Il Csm mosse rilievi critici riguardo alla modifica di quei criteri organizzativi.
Il procuratore davanti alla Commissione del Csm ha sempre ribadito la correttezza delle proprie determinazioni, ricordando come il Consiglio giudiziario presso la Corte d’Appello di Catania avesse ritenuto la propria proposta “motivata ed esente da profili illegittimità”. Il Csm, invece, aveva censurato il metodo del procuratore. Sotto accusa soprattutto la scelta di valorizzare la professionalità di pm come Maurizio Musco, sotto inchiesta per altri episodi precedenti ma, a detta del procuratore, in quella fase storica “dopo l’iniziale assoluzione disciplinare, lo stesso era stato assolto in primo grado anche in sede penale”.
Rivendicazioni erano state espresse da Giordano, e ribadite davanti alla Commissione del Csm, anche nei riguardi dell’esposto degli otto pm. L’11 aprile 2017, infatti, prima dell’attività istruttoria svolta a Siracusa dai membri della Prima commissione, Giordano aveva inviato una segnalazione al Csm, all’Ispettorato ministeriale e alla Procura di Catania, chiedendo “accertamenti sull’esposto a firma di otto magistrati”. Secondo Giordano con la presentazione dell’esposto sarebbero state violate “gravemente varie disposizioni della legge sostanziale e processuale”. Giordano, nella sua memoria difensiva presentata alla Commissione, lamentava di non essere “mai stato informato di tale iniziativa dai diretti autori dell’esposto, sebbene i sostituti firmatari avessero avuto l’obbligo, derivante dall’osservanza dei doveri di ufficio e da ben precise disposizioni di legge, di informare il capo dell’ufficio trattandosi presumibilmente di circostanze di fatto, apprese nell’esercizio delle funzioni”.
Giordano, rivendicando di aver sempre informato il procuratore generale e l’autorità giudiziaria di condotte di possibile rilievo disciplinare o penale, chiedeva “approfonditi accertamenti per verificare la sussistenza dei profili di responsabilità disciplinare a carico degli otto magistrati firmatari dell’esposto”. Infine, riguardo alle accuse mosse nei suoi confronti per un colloquio avuto nel suo ufficio con l’avvocato Giuseppe Calafiore, finito poi agli arresti insieme con Longo con l’accusa di aver tratto benefici per i suoi clienti dai fascicoli pilotati dal magistrato, Giordano non si è limitato a dire “a me personalmente non risultava nulla” di quegli intrecci. Ma ha allargato il raggio delle eventuali illegittimità di rapporti aggiungendo che “in un piccolo centro come Siracusa tutti i magistrati hanno rapporti amicali, per essere stati compagni di università o di scuola, e per avere stretto rapporti di frequentazione con avvocati. C’è tuttora, al Palazzo di giustizia, una ragnatela di rapporti di parentela, coniugio e di amicizia fra magistrati, avvocati, politici e amministratori e imprenditori che certamente non giova alla trasparenza dei rapporti, essendo tra l’altro Siracusa un piccolo centro. Questi rapporti potrebbero e dovrebbero essere messi a fuoco da codesto alto consesso, non le visite o la durata delle stesse al mio ufficio da parte dell’avvocato Calafiore”.
Per la Prima commissione, però, “pur in assenza di responsabilità penale”, anche da queste dichiarazioni si evincerebbe “una situazione di assoluta e non più riparabile incompatibilità ambientale”. Nonostante le due corpose memorie con oltre mille pagine di allegati con cui il procuratore ha contestato punto su punto le prospettazioni della prima commissione del Csm, per la stessa: “Il dottor Giordano ha cercato di troncare e sopire, limitandosi ad alcune singole e frammentarie segnalazioni, soltanto quando si erano palesati, da parte del dottor Longo, conclamati abusi e abnormità”. Nel rapporto anche quanto fosse “sconfortante che abbia assunto un improprio atteggiamento censorio, astioso, conflittuale e punitivo verso i magistrati sottoscrittori, affermando che l’unica vera anomalia” fosse stata “la presentazione dell’esposto”.
Di fronte a questo, stamattina, il giorno in cui la delibera sarebbe dovuta passare dal giudizio definitivo del plenum, il colpo di scena: la richiesta da parte del difensore del procuratore Giordano, il capo della procura di La Spezia Antonio Patrono, di trasferimento alla Procura nazionale Antimafia. Da qui il rinvio al 6 giugno, per dare il tempo alla Commissione sui trasferimenti di esprimersi sulla domanda di Giordano.