LEONFORTE (ENNA) – Uno dei due, ai domiciliari con braccialetto elettronico, avrebbe ricevuto visite in casa. L’altro, che aveva la stessa misura ma senza braccialetto elettronico, sarebbe uscito. Ora sono tornati in carcere entrambi: sono i fratelli Salvatore e Pietro Piccione, di Leonforte (Enna) condannati a 6 anni e 20mila euro di multa al processo “Caput Silente”.
Entrambi sono ritenuti trafficanti di marijuana e hashish. E il loro nome era venuto fuori nell’ambito dell’indagine del commissariato di polizia che ha sgominato il tentativo di rialzare la testa degli uomini di Cosa Nostra a Leonforte. Il doppio arresto ora è stato compiuto dagli stessi agenti, che hanno denunciato le presunte violazioni dei domiciliari.
I fratelli Piccione non sono stati ritenuti organici al clan di Leonforte. Entrambi non sono stati accusati di associazione mafiosa, ma di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Sono stati condannati in primo grado e hanno fatto il concordato in appello. Ora sono detenuti in due carceri diversi. Sono difesi entrambi dall’avvocato Sinuhe Curcuraci.
Lo stesso legale assiste anche Salvatore Virzì, altro coinvolto nell’inchiesta Caput Silente. Virzì nel frattempo, come è già accaduto tra gli altri ai fratelli Alex e Saimon Fiorenza – e come era accaduto anche ai fratelli Piccione, prima dell’aggravamento – ha lasciato il carcere. Anche Virzì si trova agli arresti domiciliari.
Nello specifico Virzì è stato condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di cocaina, marijuana e hashish dal 2017 al 2019. E al pari dei Piccione, ha preso pure lui 6 anni e 20 mila euro di multa. Pene più alte erano andate invece ai Fiorenza, figli di Giovanni, ovvero colui che nel 2013 aveva preso in mano lo scettro di boss di Leonforte. Quest’ultimo invece è già totalmente libero da mesi.