GELA (CALTANISSETTA) – Per cinque ore il quartiere di Gela, “Scavone”, il cosiddetto “Bronx gelese”, ha vissuto nel terrore, sotto la minaccia del fucile di uno psicopatico barricato in casa, Giuseppe Licata, un bracciate di 42 anni, celibe, incensurato. Dalle 22 di ieri alle 3 di stamane, è stato un susseguirsi di spari, almeno una trentina, con cartucce caricate a pallini e a pallettoni, fino a quando Licata non è stato ferito a morte nel conflitto a fuoco ingaggiato con una cinquantina di poliziotti, uno dei quali è rimasto ferito perdendo la vista dall’occhio destro.
L’uomo ucciso aveva preparato 1500 cartucce per il suo Beretta calibro 12 a canna sovrapposta, con caricatore da tre colpi. Dal balcone al primo piano del suo alloggio popolare, al civico 19 di via Arica, sparava contro i passanti, gridava la sua rabbia ossessiva che nasceva dalla paura di un possibile sequestro, da parte delle forze dell’ordine, della sua automobile, una Fiat Uno, priva di assicurazione perché non aveva soldi per pagarla. In quell’alloggio viveva con il padre, Antonio, di 74 anni, invalido alle gambe, e con la madre, Antonina Lo Chiano, di 70 anni, entrambi pensionati.
Licata era in cura nel servizio di psichiatria dell’Asp, in via Madonna del Rosario. E la madre ieri lo aveva portato in ospedale, facendosi aiutare da un parente: ma il paziente é scappato ed è tornato a casa apparentemente calmo, fin alle 21 quando ha imbracciato il fucile detenuto legalmente (nel 2002 aveva ottenuto licenza di caccia grazie a un certificato medico che ne sanciva la “sana e robusta costituzione fisica”), cominciando a sparare e minacciando di ammazzare i suoi genitori. La madre è riuscita a scappare, rifugiandosi da una vicina. Il padre, invalido, è rimasto a letto. Giuseppe si è barricato in casa e ha sparato dalle finestre, dai balconi. Il fratello minore, Gianfranco, 29 anni, informato dalla madre di quello che stava succedendo, ha dato l’allarme chiedendo l’intervento della polizia: sono intervenute le volanti del commissariato e gli agenti della squadra mobile di Caltanissetta. Ma Licata ha sparato anche contro di loro.
Coordinati dalla procura e diretti dal vice questore, Gaetano Cravana, i poliziotti hanno tentato in tutti i modi di farlo arrendere. Hanno portato la madre, gli amici e persino lo psichiatra che l’aveva in cura, ma senza esito. Anzi ha replicato intensificando gli spari e ferendo all’occhio destro l’assistente capo Fabio Vaccaro, 47 anni, di San Cataldo, che dal pronto soccorso di Gela è stato trasferito subito all’ospedale Garibaldi di Catania, con la prognosi riservata. Gli agenti, che avevano circondato la casa, temendo che il folle avesse deciso di ammazzare il padre (così come minacciava gridando) hanno fatto irruzione nell’alloggio e dato vita a un conflitto a fuoco uccidendo l’uomo. I medici hanno tentato di salvare l’occhio al poliziotto, padre di due figli, uno di 15 l’altro di 19 anni, in servizio alla squadra mobile di Caltanissetta, ma non ci sono riusciti. Numerosi i messaggi di solidarietà, tra cui quello del presidente della Regione, Rosario Crocetta, che è gelese, e del sindaco Angelo Fasulo.