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Spatuzza ammesso | al programma di protezione

La decisione del Tar
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I giudici della prima sezione ter del Tar Lazio hanno annullato la decisione della Commissione pentiti del Viminale che, l’anno scorso, ha rifiutato l’ammissione al programma di protezione al collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. “Aspettiamo di leggere le motivazioni del provvedimento”, ha commentato il legale del pentito Valeria Massei.

I legali sono cauti, la sentenza dei giudici non comporta infatti automaticamente l’ingresso di Spatuzza nel regime dei pentiti. ”Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza”, spiegano i penalisti Valeria Maffei e Sergio Luceri e l’ amministrativista Adriano Tolomeo, che ha curato il ricorso al Tar. ”Di certo – aggiungono – al momento c’è solo la decisione dei giudici di annullare il provvedimento della commissione”. La parola, dopo la sentenza dei magistrati romani, tornerà all’ organo del Viminale che – spiega Tolomeo – ”dovrà però pronunciarsi tenendo conto dei contenuti e degli obblighi conformativi imposti dalla sentenza”. Nel negare l’ammissione del pentito al programma – decisione che suscitò molte polemiche – la commissione fece riferimento alla norma di legge che impone ai pentiti di riferire tutto quanto è’ a loro conoscenza entro 180 giorni dall’avvio della collaborazione. Spatuzza ha cominciato a collaborare con la magistratura il 26 giugno del 2008. Poi ha reso altre dichiarazioni dal 16 giugno 2009 e quindi, nel giudizio contro Marcello Dell’Utri, il 4 dicembre del 2009.

”Non vi è alcun elemento – motivò la commissione – che autorizzi a ritenere che di quanto riferito nel dibattimento contro Dell’Utri Spatuzza avesse già parlato nei 180 giorni previsti dalla legge”. ”La fissazione dei 180 giorni quale termine ultimo per riferire fatti gravi, o comunque indimenticabili, è funzionale, secondo l’unanime volontà del Parlamento nel 2001 – proseguiva la motivazione – a garantire tale genuinità e a evitare abusi, viceversa realizzabili se, come è accaduto in più casi, fossero ammesse le cosiddette ‘dichiarazioni a rate”’.

I pentiti sono obbligati a dire entro i 180 giorni previsti dalla legge tutti i fatti a loro diretta conoscenza. Le dichiarazioni su cose apprese da altri non rientrano nel limite temporale imposto dalla norma. Quindi il collaboratore che parli ”tardivamente” di circostanze sapute indirettamente non e’ sanzionabile con l’espulsione o la non ammissione nel programma di protezione. E’ questo, in sintesi, il principio in base al quale il Tar del Lazio ha annullato la decisione della commissione del Viminale che l’anno scorso nego’ l’ammissione al programma di protezione a Gaspare Spatuzza, ex mafioso di Brancaccio passato tra i ranghi dei collaboratori di giustizia. Il principio è ispirato alla valutazione che comunque le dichiarazioni ‘de relato’ non hanno valore processuale autonomo: cioè necessitano sempre della conferma della fonte della notizia. La sentenza del Tar ora ripassa la palla alla commissione del Viminale che dovrà tornare a pronunciarsi sullo status di Spatuzza tenendo conto del principio affermato dai magistrati romani. Di fatto, però, per l’ex boss, che ha cominciato a collaborare con la giustizia a luglio del 2008, la protezione non è mai venuta meno. Il no della commissione, che negò l’accesso al programma perche’ il pentito aveva reso dichiarazioni fuori dai 180 giorni, non ha infatti portato alla revoca delle misure di tutela provvisorie concesse a Spatuzza su istanza delle Procure di Firenze, Caltanissetta, Palermo e della Dna. Il ricorso contro il provvedimento del Viminale presentato dai legali ha sospeso infatti l’esecuzione del provvedimento della commissione del Viminale oggi annullata.


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