PALERMO – Antonello Cracolici si è dimesso da presidente della commissione parlamentare sulla spending review. Una decisione a sorpresa quella del deputato palermitano del Partito democratico. La commissione che Cracolici ha fin qui presieduto sta lavorando all’applicazione del decreto Monti che impone di adottare una serie di provvedimenti volti a contenere i costi della politica.
A spingere Cracolici alle scelta delle dimissioni sono state le resistenze di alcuni deputati all’adozione delle misure di contenimento della spesa volute dal decreto. In particolare, Cracolici si è scontrato con la volontà di molti dei deputati presenti in commissione, di ignorare i limiti previsti dal decreto Monti, che fissa in 11.100 euro lordi lo stipendio del parlamentare regionale e in circa 13.300 euro (sempre al lordo) quello del presidente dell’Assemblea.
“La commissione è nata con lo scopo di recepire con legge disposizioni ben precise sui tagli alla spesa – ha commentato Cracolici – ma nonostante il dialogo e il continuo confronto che ho portato avanti con tutte le forze parlamentari, c’era chi sottotraccia tentava in ogni modo di ostacolare e rallentare i lavori: un atteggiamento inaccettabile, che non sono stato più disposto a tollerare”.
Molti dei parlamentari presenti in commissione, infatti, avrebbero chiesto di applicare un regime diverso. L’idea, condivisa da deputati di diverse forze politiche, era quella di agganciare l’indennità del parlamentare siciliano, a quello dei senatori. I deputati di Sala d’Ercole, stando alla proposta avanzata in commissione, avrebbero guadagnato l’80% delle indennità degli inquilini di Palazzo Madama. Un meccanismo che avrebbe però consentito, per intenderci, di adeguare “al rialzo” le indennità nel caso in cui fossero state aumentate quelle del Senato.
Cracolici, quindi, avrebbe raccolto l’impossibilità di lavorare a una legge che intervenisse seriamente per la riduzione dei costi politica. Così, le dimissioni. Le cui motivazioni saranno spiegate nel dettaglio in una conferenza prevista per domattina.
Ma c’è già chi parla dei soliti atteggiamenti “conservativi”” della casta. “Abbiamo assistito oggi – racconta il capogruppo del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri – a uno spettacolo deprimente. La casta, oggi schierata in formazione ‘bipartisan’, ha detto no a qualsiasi proposta avanzata per la riduzione degli stipendi”. In particolare, i grillini all’Ars avevano proposto due schemi di tagli. “Il primo – spiega sempre Cancelleri – ricalca quello che noi stiamo facendo fin dal nostro insediamento”. In pratica: una indennità “lorda” di 5 mila euro (che si riduce al netto a 2.500 euro circa) e 3.500 euro di diaria a rendicontazione mensile non soggetta a tasazione (quello che veniva risparmiato o non rendicontata andrebbe, in quel caso, restituito). “Ma ci siamo resi conto – prosegue Cancelleri – che la nostra prima proposta non sarebbe mai passata. Così, ne abbiamo avanzata una un po’ più ‘morbida’”. La seconda proposta prevedeva anche in questo caso una indennità lorda di 5 mila euro, una diaria un po’ più bassa (2.500 euro) e una somma di 3.600 euro per le spese legate all’attività parlamentare, da rendicontare ogni mese. “Ma anche in questo caso – racconta Cancelleri – i parlamentari si sono arroccati sulle loro posizioni”. E ai grillini non è andata bene nemmeno la proposta di Cracolici: “Va bene il limite di 11.100 euro lordi. Ma perché – dice il capogruppo grillino – dovremmo lasciare al Consiglio di presidenza il compito di decidere come distriubuire le somme?”. Intanto, Cracolici ha sbattuto la porta e ha lasciato la Commissione. Impossibile, in quella sede, trovare un accordo. “La casta sta solo aspettando che l’opinione pubblica si stanchi di affrontare i temi riguardanti gli sprechi della politica. E intanto, anche in questo caso stavolta – chiosa Cancelleri – ha pensato bene di conservare i propri privilegi”.