PALERMO – “Bisogna rispettare la memoria di Paolo Borsellino e il dolore dei familiari, io so, e tanti sanno fuori e dentro la mafia, e fuori e dentro le istituzioni, chi in questi anni ha continuato a cercare la verità sulla strage e si è esposto e ha esposto la propria famiglia a rischi gravissimi sacrificando la propria libertà e anche la carriera”. Così il pm Nino Di Matteo risponde alla figlia di Paolo Borsellino che ha parlato dei depistaggi delle indagini sulla strage di Via D’Amelio e dei pm, come Di Matteo, che avevano svolto le indagini.
“Credo che questo sia giusto ricordarlo – ha aggiunto il magistrato – per evitare che certe parole possano essere strumentalizzate da chi non vuole che si vada avanti nel completare il percorso di verità sulle stragi che, in questo momento, deve essere completato. Anche cercando di capire con gli elementi nuovi che sono stati scoperti in questi anni chi eventualmente assieme agli uomini di Cosa nostra ha ucciso Paolo Borsellino”.
“Il problema non è soltanto il depistaggio ma capire i tanti elementi concreti emersi in 25 anni di inchieste e capire se insieme a Cosa nostra hanno agito ambienti esterni, forse anche istituzionali. Servirebbe uno sforzo maggiore, rimasto oggi solo sulle spalle di pochi magistrati oggi tutte le istituzioni dovrebbero orientare i loro sforzi per cercare un percorso di verità. Dovrebbe esserci una svolta, purtroppo questa intenzione è rimasta una intenzione di pochi – ha detto Di Matteo -. Io non voglio entrare nel merito del processo e delle indagini in corso sulla Trattativa Stato – mafia di cui non voglio e non posso parlare, ma so soltanto che anche attraverso questo processo sono emersi tanti elementi che per circa sette anni sono rimasti nascosti, elementi ignoti – ha proseguito -. Forse ci sarà una corte che valuterà se questi elementi potranno far condannare gli imputati per i reati che noi contestiamo, ma intanto i fatti sono venuti fuori e spesso sono fatti vissuti da quegli esponenti istituzionali che nell’immediatezza di quei fatti preferirono il silenzio e la reticenza e che hanno raccontato solo spinti dalle nostre indagini. “Certe volte – ha concluso Di Matteo – la verità arriva dopo tanto tempo, come accaduto per la strage del 1974 a Brescia di piazza della Loggia”. (ANSA).