PALERMO – “Nel giorno del mio 85esimo compleanno ho ricevuto, dalla Procura della Repubblica di Firenze, un avviso di garanzia con invito a comparire per essere interrogato in qualità di indagato per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico”.
A dare la notizia è stato il generale dei carabinieri Mario Mori che ha appreso di essere sotto inchiesta per gli attentati di Firenze, Milano e Roma del 1993.
Il generale rende noto che i magistrati gli contestano che “pur avendone l’obbligo giuridico, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni”, poi verificatisi a Firenze, Roma e Milano, nonché il fallito attentato allo stadio Olimpico.
Secondo i pm di Firenze, dunque, pur essendo a conoscenza degli imminenti attentati Mori non avrebbe fatto nulla per impedirli.
A informare il generale, per l’accusa, sarebbe stato “prima nell’agosto 1992, il maresciallo Roberto Tempesta informato dall’esponente della destra eversiva Paolo Bellini che gli avrebbe anticipato le bombe al patrimonio storico, artistico e monumentale e alla torre di Pisa” e, qualche tempo dopo, anche il pentito Angelo Siino “durante il colloquio investigativo – scrivono i pm – intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, che gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord”.
“Dopo una violenta persecuzione giudiziaria – portata avanti con la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni – che mi ha visto imputato in ben tre processi, nei quali sono stato sempre assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita”, dice Mori.
“Ma devo constatare che certi inquirenti continuano a proporre altri teoremi, non paghi di cinque pronunce assolutorie e nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte che, nell’aprile scorso, ha sconfessato radicalmente le loro tesi definendole interpretazioni storiografiche”.
“Per questo motivo – aggiunge -, quei giudici della Cassazione sono stati duramente criticatati dal consesso dei lottatori antimafia nella totale indifferenza del Csm che, dinnanzi a questi violenti e volgari attacchi, tace a fronte di questo disegno che ha come unico obiettivo quello di farmi morire sotto processo” .
“Quelle a mio carico, com’è agevole a tutti comprendere, sono accuse surreali e risibili se tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni”.
“Basti pensare alla circostanza – aggiunge – che, a Palermo, mi hanno processato per 11 anni, con l’accusa di aver ‘trattato’ con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi.
La sentenza di condanna, in primo grado a 12 anni, poi spazzata via da quella di appello e di Cassazione, affermava che avrei ‘esortato’ e, quindi, sollecitato i vertici mafiosi a comunicare le condizioni per ritornare alla situazione di pacifica convivenza … che si era protratta sino alla conferma delle condanne all’esito del maxi processo’ e, dunque, per non commettere più le stragi”.
“La sentenza di appello, nell’assolvermi, ha riconosciuto che la mia condotta ‘ebbe come finalità precipua ed anzi esclusiva quella di scongiurare il rischio di nuove stragi’ e che avevo ‘effettivamente come obiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati, con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni, sovvertimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane’, spiega.
“Per i giudici di Palermo fui mosso esclusivamente da fini solidaristici (la salvaguardia dell’incolumità della collettività nazionale) e di tutela di un interesse generale, e fondamentale, dello Stato – fa notare il generale -. Oggi vengo indagato per non aver impedito le stragi, quindi con una virata di 360 gradi rispetto al precedente teorema”.
Mantovano: “Sconcertato per le accuse mosse a Mori”
“Ho ricevuto a Palazzo Chigi il generale Mario Mori, che conosco da oltre 25 anni, e del quale ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa, nei vari ruoli che ha ricoperto, in particolare alla guida dei Ros dei Carabinieri e del Sisde”, ha dichiarato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, interpellato dall’ANSA sull’incontro di ieri con il generale dei carabinieri Mario Mori.
“Gli ho manifestato per un verso vicinanza di fronte alle contestazioni che gli vengono rivolte, delle quali mi ha messo a parte; per altro verso sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse”.
“Gli eccezionali risultati che la dedizione e l’impegno del generale Mori hanno permesso di conseguire – aggiunge l’Autorità delegata per la sicurezza e sottosegretario alla presidenza del Consiglio – esigerebbero solo gratitudine da parte delle istituzioni nei suoi confronti. Tutte le istituzioni – conclude – magistratura inclusa”.