Stritolata dal sistema bancario, perde la casa all'asta - Live Sicilia

Stritolata dal sistema bancario, perde la casa all’asta

Vittima una donna di 77 anni, costretta a risarcire le somme

PALERMO – Stritolata dal sistema bancario, la casa dove viveva è stata venduta all’asta e per ultimo è stata condannata a privarsi dei beni che le restano. Il tutto per un debito di 565 milioni di lire (pari a circa 290 mila euro) per il quale negli anni ha già sborsato 500 mila euro.

Vicenda chiusa? Neanche per idea: interessi su interessi e adesso di euro ne servono altri 800 mila euro per saldare il debito. Da 565 milioni di lire la cifra totale è infatti lievitata a più di un milione e trecento mila euro.
Sfortunata protagonista è una donna palermitana di 77 anni. La vicenda ha inizio nel 1996, quando la Banca Agricola Etnea ottiene dal Tribunale di Palermo nei confronti della Zanca Impianti Spa e della Cositalia Spa l’ingiunzione di pagamento per 565.705.926 di lire, oltre gli interessi compensativi allora fissati al 19,5%.

La donna, che aveva posto una firma come secondo fidejussore per quel conto corrente, non si oppone, certa che il debito possa essere estinto. Nelle more della definizione della moratoria concordata, però, la Banca le pignora degli appartamenti a Palermo. Trovano un accordo e il pignoramento viene sospeso.

Nel frattempo la donna versa centinaia di milioni di lire, ma il debito non diminuisce. I soldi, secondo listituto di credito, servono solo per gli interessi. Ad un certo punto la Banca Agricola Etnea viene acquisita dalla Banca Antonveneta. Siamo nel 2002 e la signora riesce a trovare un nuovo accordo: per chiudere la faccenda si impegna a pagare 150 mila euro dei 219 mila euro concordati.

Nella finanza moderna i crediti passano di mano in mano, venduti ad altre banche e società. In questo caso si susseguono il gruppo olandese Abn Amro, gli spagnoli di Santander e infine la Monte dei Paschi di Siena.
Del credito residuo si perdono le tracce fino a quando il Tribunale di Palermo, quando mancava circa un mese alla scadenza che avrebbe fatto estinguere la vicenda, decide di risvegliare i procedimenti immobiliari dormienti, inviando dufficio una comunicazione ai creditori procedenti con la quale ordina l’integrazione della documentazione e degli atti necessari per la prosecuzione entro un termine perentorio.

I nuovi creditori sono la Elipso Finance srl che agisce oggi nella qualità di mandataria della Fbs spa Gruppo Banca Ifis. Ed ecco la sorpresa: nonostante i 500 mila euro già versati, il debito residuo è di altri 800 mila euro.
La signora tenta, ancora una volta, di trovare un accordo. L’avvocato Loris Mantia, che la assiste insieme con l’avvocato Marcello Madonia, propone una transazione offrendo 65 mila euro, che la Elipso rifiuta. Il 10 dicembre 2018 viene proposta una nuova offerta che sale a 75 mila euro. Stavolta la Elipso accetta indicando il termine di pagamento entro la fine del 2018, in pratica dopo soli venti giorni. La signora versa un primo acconto di 20 mila euro, ma ha una momentanea difficoltà a versare la parte restante. Chiede più tempo per pagare. Il 7 febbraio la Elipso dichiara decaduto l’accordo. Il 10 aprile 2019 l’avvocato Mantia fa sapere che la sua assistita è pronta a versare i rimanenti 55 mila euro entro il 10 maggio. Non bastano più, e continua l’estenuante gioco al rialzo: ce ne vogliono 100 mila. La signora mette sul piatto 60 mila. Proposta rifiutata. La casa di Palermo finisce all’asta nel febbraio 2020. Si attivano amici e parenti della donna che racimola 135 mila euro. Ancora una volta la proposta, che in un primo momento era stata indicata dalla stessa Elipso, non viene accolta e ciò nonostante rappresenti, di fatto, il doppio di quanto ritenuto congruo nemmeno un anno prima.

Il 18 febbraio 2020 l’immobile (un prestigioso appartamento di circa 240 metri quadrati composto da 11 vani più giardino in una delle principali strade di Palermo) viene venduto all’asta alla cifra di 282 mila euro, ritenuta dalla donna, nettamente inferiore all’effettivo valore di mercato.

Alla donna non resta che fare ricorso al Tribunale civile. Il suo legale chiede alla società di produrre il titolo in originale, contestando di non aver dato prova di avere acquisito il credito, La società non produce il documento, ma i giudici ritengono che sia sufficiente la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale dell’acquisto in blocco dei crediti della Antonveneta. Dunque il ricorso è respinto: il debito di 800 mila euro deve essere onorato. La legge stabilisce che la procedura è stata regolare.

“Questa vicenda evidenzia come in Italia vi sia, in molti casi, una falsa tutela del credito – spiega l’avvocato Mantia – come si è visto tutti i creditori cedenti e cessionari sono stati integralmente soddisfatti del loro credito, soprattutto l’ultimo che a fronte di un valore facciale di 290.000 euro, comprato al 10/15%, realizzerà un utile del 1000%”.

Adesso è pronto un ricorso in appello e molteplici sono state e sono tutt’ora le iniziative giudiziali portate avanti dalla sfortunata protagonista, nessuna di queste però ha sortito, almeno sinora, l’effetto sperato. La signora non si arrende. Nel frattempo alcuni mesi fa ha presentato una denuncia penale contro ignoti alla Procura della Repubblica di Palermo, assistita dall’avvocato penalista Michele Giovinco. Il pool di magistrati, coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, ha avviato gli accertamenti per analizzare tutti i passaggi avvenuti dal 1998 ad oggi e verificare la correttezza non soltanto formale ma anche sostanziale dei diversi passaggi della vicenda.


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