CATANIA. Gent.le Direttore, su una parete della palazzina “N” della Procura della Repubblica di Palermo soggiorna ancora un manifesto del progetto di formazione volto al “Rafforzamento delle capacità d’azione delle Autorità per l’Amministrazione della Giustizia”, con il quale l’ente di formazione “Iraps Onlus”, come raccontato da Livesicilia quasi due anni fa, avrebbe voluto “favorire la legalità, rendendo i cittadini consapevoli di ciò cui hanno diritto, e che, attraverso la Procura, possono ottenere”. Nella Sicilia di Pirandello e di Sciascia, però, è accaduto poi che lo stesso ente di formazione venisse travolto da un’indagine della Procura di Catania, denominata “Pandora”. Coloro che il 16 agosto scorso non avevano la sorte di trovarsi in vacanza in un luogo non coperto dalla rete internet, hanno però avuto la fortuna di leggere l’articolo di Francesca Cuffari, in cui si dà conto dell’appello lanciato dai lavoratori dell’Iraps al Presidente della Commissione Europea, Josè Barroso. Intervenga l’Europa, la Sicilia non ce la fa e i parlamentari regionali sono tutti in vacanza. A torto o a ragione, comunque sia, che ben venga una mano europea.
L’auspicio è che si possa trovare una soluzione rapida per tutti i lavoratori della formazione professionale, che da mesi (forse anni) si recano sul posto di lavoro, rimettendoci soltanto le spese. Diciamolo pure apertamente: l’affermazione per cui gli stipendi che avanzano “sono soldi conservati” è una grande solenne sciocchezza. Sul versante giudiziario, le cose non vanno meglio. Di tutti i lavoratori che si sono rivolti al giudice del lavoro per ottenere il pagamento degli stipendi arretrati soltanto poco più di quindici hanno potuto pignorare le somme giacenti sui conti correnti della Onlus, mentre tutti gli altri si sono visti opporre un “nulla è dovuto” da parte delle banche se non, addirittura, una nota dell’Assessorato con la quale si ravvisa l’esposizione dell’Iraps nei confronti dello stesso per oltre 10 milioni e mezzo di euro. Non è pretestuoso reclamare un intervento risolutivo del Governo e del Parlamento regionale.
Parallelamente una strada si può comunque percorrere. Se la cronaca non inganna, infatti, la Procura di Catania ha concluso l’indagine “Pandora” e ha chiesto il rinvio a giudizio degli amministratori dell’Iraps accusati a vario titolo di una serie di reati. L’augurio, sia ben chiaro, è quello che si possa accertare SE sussistono responsabilità penali o di altra natura, punire gli eventuali colpevoli e/o assolvere gli eventuali innocenti. Ebbene, è giusto che all’accertamento della verità concorrano anche i lavoratori e le organizzazioni che li rappresentano. Il Sindacato sia parte civile; non mancano certo i legali a cui rivolgersi (a scanso di equivoci: avendo fatto la proposta, mi sono autoescluso dall’elenco). In processi come questi non si dibatte né di crediti né di debiti nè di rendicontazioni. Qui c’è di mezzo la dignità umana di ciascun lavoratore.