Non c'è traccia di Antonio Carletto, 66 anni, nato ad Agrigento, ma con studio a Palermo.

Di lui si parla nell'affare di una sala bingo.

Le fantasie erano ambientate a Castelvetrano, in contrada Zangara, fra il 2009 e il 2010. È il luogo dove Giambalvo disse di avere abbracciato il latitante.

Stavolta è la confisca dei beni agli eredi di Francesco Pecora a fare tornare alla ribalta la vicenda di Giovanni Motisi (nella foto), sposato con una figlia del costruttore palermitano a cui sono stati confiscati beni per cento milioni di euro.

Il sottotitolo è “l'ultimo Padrino di Cosa nostra” e vi trovano spazio i post più disparati. Compresi violenti attacchi contro "gli infami" che danno la caccia al capomafia trapanese. Nella foto la copertina del gruppo Facebook

Lo hanno avvistato in mille posti. Lo cercano gli investigatori più preparati in circolazione. Il latitante di Castelvetrano resta, però, inafferrabile.

C'era anche il suo nome nell'elenco delle ventidue persone destinatarie dell'ordine di arresto firmato dai pubblici ministeri di Palermo. Da tre giorni è irreperibile. Scatta la caccia all'uomo.

Giovanni Patti era ricercato da maggio del 2014: era destinatario di un mandato di cattura europeo per rapina a mano armata. I carabinieri lo hanno pedinato dopo che ha accompagnato le figlie a scuola e lo hanno arrestato in via Vittorio Emanuele.

I carabinieri hanno arrestato Umberto D'Arpa, 48 anni. Era ricercato dal 2014 per una serie di reati commessi tra il 2004 e il 2005.

Lo ha riconosciuto un poliziotto libero dal servizio. Era ricercato da giugno.

L'uomo, elemento di spicco del gruppo capeggiato da Francesco Montagno Bozzone, collegato alla cosca Mazzei, è stato condannato per avere partecipato alla fase esecutiva dell’omicidio di Domenico Calcagno.