La tentata estorsione al discopub | E Flamia salvò la vita al cugino - Live Sicilia

La tentata estorsione al discopub | E Flamia salvò la vita al cugino

Emanuel Rughoo Tejo e Sergio Flamia

Emanuel Rughoo Tejo, arrestato ieri assieme a Gaspare Ribaudo, è uno conosciuto negli ambienti della criminalità organizzata. È cugino del pentito bagherse che, quando era ancora boss, intervenne per toglierlo dai guai. Le intercettazioni che raccontano le tensioni e l'incontro chiarificatore.

PALERMO – Emanuel Rughoo Tejo è uno conosciuto negli ambienti della malavita organizzata. Per qualcuno, addirittura, avrebbe meritato di morire. Le microspie hanno svelato la collera di chi lo voleva ammazzare e l’intervento di un pezzo grosso che evitò il peggio. “Luca u nivuru” – così Rughoo è soprannominato per via delle sue origini brasiliane – è figlio della cugina di Sergio Flamia. E Flamia, prima di diventare un collaboratore di giustizia, era un pezzo grosso della mafia bagherese.

Non è un caso, sostiene l’accusa, che il presunto tentativo di Rughoo, arresto ieri dalla polizia insieme a Gaspare Ribaudo, di imporsi come buttafuori in un locale nella periferia di Palermo sia stato qualificato come tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Rughoo nel 2012 è stato protagonista di un episodio che sa si mafia antica, con tanto di “paciata”. Era entrato in contrasto con Driss Mozdahir, che un anno dopo sarebbe stato arrestato nel blitz che ha azzerato il clan mafioso bagherese. A Salvatore Giuseppe Bruno, anche lui sotto inchiesta, Mozdahir confidava: “… lo devo ammazzare… parliamoci chiaro… lui… lui questi gatti a pettinare non se li può prendere con me… perché lui deve venire con la ragione… non con il torto… capito? e deve venire sereno… non ubriaco… perché è ubriacato? Uno i discorsi li può fare come vuole… giusto è?”.

Qual era la faccenda che tanto indispettiva il tunisino Mozdahir, detto Andrea? Così lo spiegava lui stesso: “… è venuto… dice che gli ho bruciato la macchina. Ma come l’ho bruciata io questa macchina? La Slk di suo padre. Siccome hanno a che fare con i deboloni… perché se io ho qualcosa con lui, io me la tengo e poi ci vado a sparare nelle gambe… o nelle corna….perché io sono fatto così… non è che vado a sciogliere la macchina… comunque gli devo tirare nelle mani, nelle gambe…dove capita….non sta al cimitero?… mi metto la con la seicento rubata che già me la sono andata a prendere…che mi interessa! è un cornuto e sbirro… gli ho detto…’Luca…. vedi che non è come dici tu…io queste cose non le faccio…’ e lui dice… ‘sì…li facevamo assieme queste cose… Porticello quando Nicola diceva di andare a bruciare le cose non li facevamo insieme”.

Qualche ora dopo Mozdahir e Rughoo – il secondo accusava il primo di avere bruciato la macchina di suo padre – si ritrovarono faccia a faccia in una strada di Bagheria. Rughoo: “… se ti devo alzare le mani te li alzo a Bagheria… te li alzo a verso mio… a Bagheria sei capace a discutere… a Casteldaccia…sei capace a discutere”. Mozdahir: “… siccome tu mi stai dicendo che io ho fatto una cosa che non ho fatto… non l’ho fatta… non l’ho fatta… questa cosa. “… gli ha bruciato la macchina a mio padre ….ancora parli Giusè?…..”, diceva l’italo-brasiliano rivolgendosi a Giuseppe Bruno, pure lui presente.

Il 12 agosto le telecamere registrarono l’incontro chiarificatore. Fu Sergio Flamia ad organizzarlo nel suo supermercato. Prima chiamò in disparte Rughoo (“ora te li do io due schiaffoni a te…), poi lo convinse ad avvicinarsi a Mozdahir: “salutatevi… Andrè vedi che ora mi stai facendo impazzire… salutatevi, ed è finito il discorso. Il discorso è finito… quello aveva avuto un indizio sbagliato, se fossi stato io avrei fatto la stessa cosa… se fossi stato io avrei fatto lo stesso, e pure tu avresti fatto lo stesso… è stato informato male…stop….chiuso”. E pace fu.


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