PALERMO – La lettera inviata dal capo dello Stato alla Corte d’assise di Palermo, che celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia, non entrerà nel fascicolo del dibattimento perché alcune parti processuali, prima tra tutti la Procura, si sono opposte alla sua acquisizione.
La mancata acquisizione della lettera al fascicolo del dibattimento comporta che la corte non si pronuncerà sull’eventuale rivalutazione della decisione di citare il capo dello Stato che, nella missiva di Napolitano, era stata sollecitata. “La corte prende atto che non c’è il consenso sull’ingresso del documento e soprattutto sull’utilizzazione del suo contenuto rappresentativo – ha detto il presidente del collegio Alfredo Montalto – resta la sollecitazione ai poteri d’ufficio riservati alla corte che la stessa corte oggi registra, riservando al tempo debito le determinazioni che, se ne ricorreranno i presupposti, potranno essere adottate nel corso dell’istruttoria dibattimentale ai sensi della legge, così come indicato nell’ordinanza ammissiva delle prove”.
A chiedere l’acquisizione della lettera era stato il legae di Marcello Dell’Utri, che contestualmente aveva chiesto la revoca della citazione di Napolitano. “Per noi è una deposizione inutile – aveva detto – se non per alimentare un rumore mediatico che non serve a nessuno”. Nella lettera il presidente della Repubblica, precisando di non avere nulla da dire sul capitolato di prova indicato dalla Procura che ne aveva chiesto la citazione, invitava la corte a rivalutare l’utilità della deposizione.
I pm, dal canto loro, avevano insistito sulla necessità di ascoltare il presidente della Repubblica: “Non ci sono norme che consentono di surrogare la testimonianza con scritti provenienti dallo stesso testimone – sono state le motivazioni -. Si tratta di un atto fuori dalla regola che non ci consente di rinunciare alla testimonianza del capo dello Stato. La lettera non è esaustiva e non puo’ essere ritenuta sostitutiva della testimonianza”.