"Truffa ai danni della Regione" | Addaura Reef, titolari condannati - Live Sicilia

“Truffa ai danni della Regione” | Addaura Reef, titolari condannati

Lo stabilimento Addaura Reef ormai chiuso

Un anno e mezzo ciascuno di carcere sono stati inflitti a Daniele Di Gregoli e Corrado Caronna. Assolti dall'ipotesi di false fatturazioni. Prescritto l'abuso d'ufficio contestato in concorso con due funzionari comunali. Immediato il ricorso in appello della difesa: "Certi che tutto sia stato regolare".

PROCESSO A PALERMO
di
3 min di lettura

PALERMO – Condannati i titolari della società Calanica che gestiva il lido balneare Addaura Reef. Un anno e mezzo ciascuno di carcere sono stati inflitti a Daniele Di Gregoli e Corrado Caronna. Per entrambi i pubblici ministeri Alessandro Picchi e Maria Forti avevano chiesto la condanna a due danni.

Davanti al Tribunale presieduto da Vincenzina Massa ha retto l’ipotesi di truffa ai danni della Regione, ma è caduto il reato di false fatturazioni. Prescritto, invece, quello di abuso d’ufficio che veniva contestato in concorso con alcuni burocrati comunali. Il risultato è che sono stati assolti nel merito Antonino Restivo e Gaspare Sorrentino (difesi dagli avvocati Michele Giovinco e Francesco Caratozzolo). Sono i titolari di due ditte (per loro la richiesta era di un anno ciascuno) che, secondo la Procura, avevano emesso false fatture per consentire alla Calanica di giustificare gli stanziamenti ottenuti della Regione. Prescritte, invece, le posizioni dell’ex dirigente dell’ufficio Grandi eventi del Comune, Massimo Collesano (richiesta di otto mesi) e l’ex responsabile del Servizio mare e costa dell’ufficio Opere pubbliche, Girolamo Aldo Carano (richiesta un anno e dieci mesi).

L’inchiesta partì da un esposto anonimo. Alla fine delle indagini, secondo il pm, sarebbe emerso che il Comune assegnò all’Addaura Reef la concessione dell’area senza gara pubblica. Inoltre, sempre secondo l’accusa, Di Gregoli e Caronna avrebbero usato per fini propri e non per la bonifica delle coste i 230mila euro avuti dai fondi Por regionali.

Ha fatto breccia solo in parte nel collegio la posizione della difesa che annuncia, sin d’ora, appello nella “fermissima convinzione che tutto si sia svolto nel rispetto della legalità”. Appassionata, d’altra parte, era stata l’arringa dell’avvocato Sal Mormino: “Gli imputati avevano proposto la realizzazione di uno stabilimento balneare con attività ricreative e questo hanno realizzato. Come si può chiamare a rispondere gli imputati di concorso in abuso d’ufficio solo per avere fatto una tale proposta? Non c’è altro”.

Ed ancora l’attacco alla ricostruzione dell’accusa, secondo cui ci sarebbero stati “accordi fraudolenti” dietro l’assegnazione della concessione: “Non esiste un solo segnale che ne confermi l’esistenza. I rapporti sono stati istituzionali e finalizzati a quella che resta una iniziativa illuminata dell’amministrazione. Lo dimostra il fatto che dieci persone sono state intercettate, fra cui Caronna e Di Gregoli, e non c’è stato alcun contatto sospetto. Anzi, i contatti non non ci sono proprio stati”.

Riguardo all’ipotesi di truffa, secondo la difesa “la società Calanica si è accollata una serie di oneri che non le spettavano, persino quelli a carico del Comune. La bonifica del sito, il prato, il recupero dei fondali sono stati eseguiti della Calanica. Potevano diventare opere definitive se solo fosse stata data la possibilità alla Calanica, o ad altri, di proseguire l’attività. Oggi, invece, è tutto una discarica”.

“Si contesta agli imputati di non avere rispettato l’impegno per la decementificazione della zona – era un altro passaggio dell’arringa -. Ebbene l’impegno è stato preso con un apposita convenzione. È stata la Regione a dire che non si poteva fare, come ha spiegato in aula il responsabile del Demanio. E lo conferma l’esistenza di una nota. Il pm nulla dice sulla nota perché altrimenti avrebbe dovuto ammettere che i lavori non sono stati fatti non per responsabilità della Calanica. Ecco perché il pubblico ministero è stato depistato, portato fuori strada dai consulenti”.

Il Tribunale ha anche condannato i due imputati alla restituzione del finanziamento e al pagamento di un’ammenda da sessanta mila euro.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI