"Usava l'ospedale per i suoi clienti"| La Cassazione dura con Tutino - Live Sicilia

“Usava l’ospedale per i suoi clienti”| La Cassazione dura con Tutino

Il chirurgo Matteo Tutino

La Cassazione motiva il no alla scarcerazione del chirurgo plastico e medico personale del governatore Rosario Crocetta. E non fa sconti.

LA MOTIVAZIONE
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PALERMO – Avrebbe dirottato i pazienti nell’ospedale pubblico per farli risparmiare, con l’obiettivo di aumentare il suo giro di clienti extramonenia. Sono durissime le parole con cui la Cassazione ha motivato il no all’annullamento dell’ordine di arresto del chirurgo plastico e medico personale del governatore siciliano Rosario Crocetta. La decisione è del dicembre scorso. Fu poi la stessa Procura di Palermo a chiedere la scarcerazione dell’indagato, una manciata di giorni prima del termine massimo di carcerazione preventiva.

Tutino avrebbe eseguito degli interventi estetici all’ospedale Villa Sofia, dove era primario, spacciandoli per funzionali e dunque a carico del servizio sanitario nazionale. Ad avviso dei supremi giudici è ben motivata, “coerente e priva di vizi logici”, l’ordinanza con la quale il Tribunale della libertà di Palermo, lo scorso 21 luglio, aveva confermato gli arresti domiciliari per Tutino accusato di truffa, peculato e falso.

Il chirurgo plastico è anche finito al centro di uno scandalo che ha fatto fibrillare Crocetta per una presunta intercettazione, rivelata dall’Espresso, nella quale Tutino avrebbe detto al governatore che Lucia Borsellino “va fatta fuori come suo padre”.

Ad avviso della Suprema Corte l’ingiusto profitto di Tutino consisteva nel conseguire “il risultato di una maggiore notorietà professionale in vista di un eventuale e sempre più redditizio sfruttamento economico anche in ambito libero-professionale”. In proposito, la Cassazione osserva che “è evidente, data la rilevante esosità delle operazioni di chirurgia plastica, che un medico, ben consapevole che non tutti i pazienti sono in grado di permettersi sotto il profilo economico interventi di tale natura, sia in grado di incrementare notevolmente la sua attività libero-professionale e quindi la propria clientela allorquando diventi un fatto notorio che i pazienti da lui visitati privatamente vengano successivamente operati in ospedale senza costi aggiuntivi”.

Per la Suprema Corte, inoltre, è corretta la motivazione del riesame che ha ritenuto che “le somme versate dai pazienti costituissero il corrispettivo dell’intervento chirurgico eseguito in ospedale e non delle visite e medicazioni post intervento, integrando così l’abuso di ufficio”. In questa situazione, secondo la Cassazione, essendo le indagini ancora in corso a dicembre, c’era il rischio di inquinamento probatorio data “l’attività compiuta a tutti i livelli da Tutino per dissimulare il suo agire illecito, non temendo di attivarsi anche con i suoi pazienti istruendoli al fine di evitare che si avesse contezza dei suoi atti illeciti”. Il giorno dopo la revoca dei domiciliari, il chirurgo è stato sospeso dall’ospedale. Nei prossimi giorni si attende la chiusura delle indagini da parte della Procura.

 


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