PALERMO – C’è qualcosa che colpisce dopo la notizia della nuova indagine per peculato a carico di Antonio Ingroia. Non si sente ma colpisce. È un’assenza pesante, un rumoroso silenzio. Quello dell’esercito dei professionisti dell’indignazione. Quelle truppe di moralizzatori in servizio permanente effettivo pronte a intonare il peana a ogni avviso di garanzia o notizia d’inchiesta finita sui giornali. I cantori devoti delle gesta delle italiche procure, insofferenti verso ogni forma di garantismo, che da quelle parti è sempre per definizione “peloso”, confermano una prassi ben collaudata: si distraggono quando il moralizzatore finisce moralizzato e disinnescano in quel caso l’automatismo della richiesta di dimissioni. Quella che scatta quando sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati inquirenti finisce il quisque de populo slegato dalla conventicola dell’indignazione o peggio ancora l’avversario politico da fare a pezzi. E’ la parrocchia del mantra degli “impresentabili”, che rinfaccia l’avviso di garanzia anche al cugino di secondo grado. Farà lo stesso con l’ex pm oggi politico che alle prossime elezioni battezzerà la sua Lista del Popolo? Vedremo.
Per ora tutto tace. Non pervenute le penne fustigatrici, l’antimafia col bollino blu e la politica dell’onestah. Quella che per una Monterosso s’è vestita da sanculotto e che adesso non si fa sentire, vedi alla voce Cinque stelle. E dire che la vicenda presenta delle peculiarità che colpiscono. In particolare la circostanza che per una storia che sembrerebbe analoga, un’inchiesta c’era già stata a carico dell’ex pm. La precedente indagine, giunta alle battute finali come ha ricostruito Riccardo Lo Verso, si concentrava sulle retribuzioni dal 2013 al 2016. Ora i pm indagano sul 2017. La questione riguarda i suoi emolumenti tra stipendi, premi e rimborsi spese, anche per hotel di lusso e noti ristoranti, per l’incarico di sottogoverno attribuitogli da Rosario Crocetta alla guida di Scilia e-servizi. Nel marzo scorso, ricorda Livesicilia, Ingroia era stato pure interrogato dai suoi ex colleghi. L’ex pm, che spera di mantenere il posto dopo il cambio a Palazzo d’Orleans, ha sempre rivendicato la correttezza del suo operato. E sembrerebbe che dopo le prime contestazioni dei suoi ex colleghi, Ingroia abbia ritenuto di tirare dritto – era “una storia totalmente infondata”, disse all’epoca, “correggendo” i pm (da quando ha lasciato la toga l’avvocato Ingroia ha dispensato diverse bacchettate ai meno celebri ex colleghi) – finendo così nella seconda inchiesta. Quando forse prudenza, vista l’inchiesta in corso, avrebbe potuto suggerire altra condotta. Ma questa è in effetti una annotazione che spetterebbe ai professionisti dell’indignazione. Se non fossero distratti.