Dimissionario, sì, ma pur sempre presidente. Anche se, fra qualche ora, Raffaele Lombardo formalizzerà davanti all’Assemblea regionale le dimissioni da governatore, la poltrona più alta di Palazzo d’Orléans rimarrà comunque a sua disposizione: “Il presidente dimissionario – spiega infatti Giuseppe Verde, direttore del dipartimento di Diritti e tutele nelle esperienze giuridiche interne e sovranazionali dell’università di Palermo – mantiene comunque la carica fino alle nuove elezioni. Fra l’altro le dimissioni riguardano la carica di presidente, non quella di deputato: Lombardo continuerà a sedere all’Ars”. È in quest’ottica che va letto l’annuncio di una conferenza stampa a Palazzo d’Orléans per le 17,30: anche se la funzione pratica di presiedere la giunta passerà al vicepresidente Massimo Russo, di fatto le gerarchie interne al governo rimarranno inalterate. “In realtà – prosegue Verde – la giunta potrà essere convocata sia dal presidente che dal suo vice”.
Quel che cambia, ovviamente, riguarda i poteri. E qui si entra nel campo del fumoso, dell’interpretazione della legge. “Sul concetto di ‘ordinaria amministrazione’ – chiarisce l’ordinario di Diritto costituzionale dell’ateneo palermitano – non abbiamo dati precisi. Abbiamo però una prassi precedente dovuta in parte alle dimissioni del secondo governo Prodi e all’epilogo della presidenza Cuffaro. Quando il Professore si dimise una circolare disciplinò le attività del governo dimissionario, riducendole di molto. Poco dopo, con le dimissioni del governo Cuffaro, ci si rifece a quella circolare anche per le funzioni della giunta regionale”. Cosa preveda quel provvedimento è presto detto: “In generale – continua Verde – si può procedere solo se non agire comporta una responsabilità giuridica. In altre parole, il governo prende decisioni solo per evitare che qualcosa si inceppi”. Un esempio pratico può venire dalle nomine: se ad esempio il direttore di un’azienda sanitaria si dimette, il suo successore non può essere nominato. “In quel caso – taglia corto Verde – l’azienda sanitaria ha altri organi che le permettono di funzionare ugualmente”. Simile la situazione degli assessori: il costituzionalista palermitano, per entrare nello specifico, ne limita l’attività alla risposta a interrogazioni e interpellanze parlamentari “e poco altro”.
Più complessa la situazione dell’Ars. Dopo le dimissioni di Lombardo, infatti, il verbale della seduta certificherà l’addio del governatore e il presidente dell’Assemblea Francesco Cascio avvierà il percorso che porterà i siciliani alle urne entro tre mesi. E se i 90 ospiti di Sala d’Ercole percepiranno le indennità fino all’insediamento del nuovo Parlamento, quel che potranno fare per giustificare questa busta paga non è del tutto chiaro: “In linea di principio – specifica Verde – l’Assemblea è sciolta e pertanto le sarà impedito di proseguire con le normali attività d’Aula. Questa prassi, seguita nel 2008 dalla presidenza Marini del Senato, consente di andare avanti per pareri parlamentari, interrogazioni e interpellanze”. A Palazzo dei Normanni, però, la pensano diversamente: i tecnici del Parlamento ritengono che in casi straordinari l’Ars possa anche approvare nuove leggi, “purché ci sia l’unanimità dei capigruppo”. Verde è di orientamento opposto: “Con la sentenza numero 68 del 2010 – dice il giurista – la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime leggi approvate dal consiglio regionale dell’Abruzzo dopo le dimissioni del presidente. Con questa interpretazione restrittiva, di fatto, l’Ars deve fermarsi”.
Su una cosa, però, sia il giurista che i tecnici del Palazzo sono d’accordo: le commissioni potranno lavorare ancora. “Se c’è necessità che si riuniscano per attività consultive o legislative – afferma il costituzionalista – le sedute di commissione sono previste”. “In fase di prorogatio – concordano dall’Ars – i poteri sono ridotti, ma le commissioni non vengono meno”. E come le commissioni non vengono meno le indennità di funzione. Senza poteri, certo, ma non senza stipendio.
Il costituzionalista Verde: "L'Ars non può fare leggi". Ma a Palazzo la pensano diversamente.
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