"Tutto passa, nulla finisce" | Ricky e la stagione indimenticabile - Live Sicilia

“Tutto passa, nulla finisce” | Ricky e la stagione indimenticabile

Poco sappiamo di Riccardo La Bruna, morto da ragazzo per un tragico indicente. E tutto sappiamo. Quanto era amato. Il dolore che lascia in una storia che, comunque, non è finita.

Riccardo è andato via nell’ora più seducente, quando la primavera comincia ad avere i colori dell’estate. E’ la stagione che i ragazzi preferiscono, il tempo del non ancora. Sei nell’anticiclone di una meravigliosa promessa che non ti ha ancora deluso, non ancora, perché non è ancora diventata realtà. Non ancora.

La cronaca listata a lutto ha raccontato la storia della morte di Riccardo La Bruna, sedicenne volato giù da una ringhiera, a Monreale. Ma tutto quello che c’è intorno descrive quella meraviglia, anche se crudelmente spezzata. Scrive un’amica su facebook: “Hey Ricky, non avrei mai immaginato di doverti scrivere qualcosa del genere e ancora stento a crederci. Sembra un altro dei tuoi mille scherzi, come quando prendevi i fiori dagli uffici del convitto per regalarli alla prof, come quando mi hai incontrata per strada e hai fatto finita di rubarmi la borsa per poi abbracciarmi forte, come quando il sabato venivi a scuola con dei vestiti eleganti perché c’era la tua materia preferita, come quando mi prendevi in giro continuamente senza alcun motivo, poi mi chiedevi scusa e dicevi di volermi bene. Per me ci sei sempre stato e so che ci sarai comunque. E ricordati che tutto passa ma nulla finisce, quindi spero che tu non smetterai di volermi bene perché io non lo farò”.

Facebook, il muretto su cui i ragazzi si appoggiano quando si sentono stanchi, al cospetto di qualcosa che è troppo grande per loro, ha la solidità dell’approdo; è il luogo collettivo in cui esprimere, con nome e cognome, un’emozione estranea all’adolescenza: il senso della perdita. Scrivono: “Ciao Riki, ci siamo conosciuti otto mesi fa, ma te ne sei andato troppo presto senza goderti i tuoi amici e soprattutto la tua vita… Ma non ti scorderemo mai per quello che eri una persona speciale per tutti noi. Eri l’anima della classe 1C… Addio fratello”. “Hai fatto parte di questa nostra famiglia, e non smetterai mai di farne parte. Resti sempre nei nostri pensieri: i bei momenti, i compleanni e le risate! Ti ricorderemo sempre come quel ragazzo solare, che nonostante facesse impazzire tutti i professori, riusciva con delle piccolezze a migliorarci le giornate!”.

Anche un professore partecipa con una foto: “Grandi discorsi ai bagni di scuola, sulla tua Sparta, la mia Atene, le donne, la vita. Eri troppo grande. Ciao Riccà!”. E si capisce subito che si tratta di un prof. bravo, di uno che non crede che i ragazzi debbano essere ammaestrati, tra le gabbie dei banchi, col frustino della didattica o la mania della disciplina. Perché sono loro a regalarti la bellezza: mentre tu gli spieghi il teorema di Pitagora e qualche trucchetto per sopravvivere, ti rovesciano addosso la quasi estate del non ancora, la dolcezza di parole che non hanno avuto il tempo di ossificarsi, per finire – talvolta indimenticabili, talvolta superficiali – in fondo alla pagina di un libro. Sono i ragazzi, con la fantasia che li fa volare, a rendere vive le parole dei libri, a risvegliarle. Sei alla cattedra, spieghi di Sparta e Atene; narri della perduta Troia e accanto a te siedono Achille ed Ettore, con gli stessi sguardi corrucciati del giorno in cui si sfidarono, con le armi lucenti, sotto le mura. E, se guardi più lontano, scorgi Priamo, re di Troia, nella tenda di Achille, a supplicare l’uomo che gli uccise il figlio, per riaverne le spoglie.

Poco sappiamo di Riccardo, se non quello che la cronaca ha raccontato. E tutto conosciamo. Sappiamo che era molto amato, che lascia le macerie e il fumo di una città in rovina nel cuore di chi resta. Sappiamo che, quando guarderemo le vecchie foto di scuola che ci appaiono ridicole e tenere, oggi, da quarantenni ossificati, penseremo a lui che non avrà l’occasione di invecchiare e di voltarsi indietro. La nostra vita ha i colori tenui dell’esperienza. La stagione infinita di Riccardo è il non ancora, quel tempo di primavera che si prepara a diventare estate.

 


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