TRAPANI – Marisa e Angelo erano tornati insieme pochi mesi fa. Ancora una volta la relazione non aveva funzionato. Lei aveva deciso di lasciarlo, ma sembrava che avessero trovato un equilibrio per amore della figlia. Il lato peggiore del carattere di Angelo Reina era di nuovo venuto fuori. Possessivo, geloso, irascibile. No, lui non era cambiato. Non poteva funzionare, ma per la tranquillità della bimba Marisa Leo ha mantenuto in vita il rapporto. Voleva che la piccola avesse un padre presente.
Nel corso di questa estate sono stati visti tutti e tre insieme in giro a Salemi. Angelo Reina, invece, covava rabbia e non ha esitato ad imbracciare una carabina per uccidere Marisa Leo. Quello di mercoledì sera è stato un agguato.
Sono stati mesi di calma solo apparente. Litigavano sì, ma nessuna spia che facesse pensare, almeno all’esterno, al peggio. Probabilmente anche questo faceva parte della messinscena dell’uomo per riconquistare la fiducia della donna. Reina non si era rassegnato alla fine della relazione. Né prima, né adesso.
La figlia vedeva il papà con regolarità. La mattina del delitto Reina l’aveva portava con sé a Palermo dove stava seguendo un appalto importante all’interno del porto. La famiglia dell’assassino è molto nota nel settore del florovivaismo. L’accordo era che Marisa passasse a prendere la bimba al vivaio nelle campagne fra Marsala e Mazara del vallo. Era già accaduto che si dessero appuntamento in quel posto. Ecco perché non ha destato sospetti, né ai familiari di Marisa, né di Angelo. Ed invece Reina aveva programmato il piano di morte. Innanzitutto lasciando la figlia di quattro anni a casa della madre. Il padre dell’assassino è morto in un incidente stradale alcuni anni fa. “Come è potuto succedere”, ha ripetuto la donna sentita dai poliziotti della squadra mobile.
Ci sono dei tasselli da mettere a posto. Bisogna, ad esempio, ricostruire la filiera che ha consentito a Reina di entrare in possesso della carabina con cui ha vestito i panni del carnefice. Aveva anche una vecchia pistola. Non poteva detenere armi regolarmente vista la denuncia per stalking che lo aveva fatto finire sotto processo. Marisa durante il dibattimento, dopo avere ribadito in aula le pesanti accuse, scelse di ritirare la querela. “Ho paura, non esco da sola”, aveva detto, salvo poi decidere che non poteva fare condannare il padre di sua figlia. Sono gli stessi sentimenti che hanno spinto verso il recente riavvicinamento.
Un’intera comunità è ancora sotto choc. I poliziotti, guidati dal capo della squadra mobile Emanuele Fattori, stanno sentendo parenti e amici. Il procuratore di Marsala Fernando Asaro ha disposto l’autopsia sui corpi di Marisa e del suo carnefice che dopo averla uccisa si è suicidato.