PALERMO – E’ trascorso un anno da quello sparo fatale. Sono volati via a fatica 365 giorni che pesano come un macigno sulle spalle e sul cuore dei familiari di Mirko Vicari, l’agente della polizia municipale trovato morto nella sua abitazione di Altarello, il 25 giungo 2013. Il suo corpo giaceva per terra, con un colpo al petto che l’aveva per sempre strappato alla vita. E ancora nessuno sa chi sia stato ad impugnare quell’arma, la pistola d’ordinanza del vigile urbano da cui è partito il colpo durante quella che, all’inizio, era apparsa come una rapina finita nel sangue.
Le indagini per omicidio volontario contro ignoti, coordinate dal pubblico ministero Sergio Demontis proseguono e, in questi mesi, hanno fatto aggrappare ad un filo di speranza il padre di Vicari, Vincenzo, che ha sin da subito escluso l’ipotesi del suicidio. Da quel giorno terribile Vincenzo Vicari combatte una lotta personale alla ricerca della verità, ha passato al setaccio i conti bancari del figlio, si è improvvisato detective, ha indagato, ha cercato risposte.
“E tutto quello che trovo mi dice che mio figlio non si sarebbe mai tolto la vita”, ribadisce dopo dodici mesi. Ed oggi è il giorno del ricordo. Degli amici e familiari che si stringono attorno al padre dell’agente della polizia municipale. “Da quel giorno è cambiato tutto – dice -. La mia vita, quella di mia moglie e mia figlia sono state letteralmente stravolte. Siamo andati avanti per inerzia, l’unica forza è sempre arrivata dalla voglia di sapere cosa è successo veramente, cosa ci abbia strappato dalle braccia Mirko, un ragazzo pieno di vita che amava i suoi due bambini”.
Vicari in questo ultimo anno ha indossato le vesti da detective. Si è accertato del fatto che il figlio non avesse debiti, che l’eventuale ipotesi del suicidio non potrebbe eventualmente trovare riscontri nei problemi economici. “Ho sempre creduto che qualcuno l’abbia preso di mira per il suo lavoro – prosegue il papà del vigile urbano – e la mia fiducia nella magistratura mi fa ben sperare che prima o poi elementi in tal senso verranno a galla. Per adesso tutto continua a tacere anche tra i colleghi di mio figlio. Io mi sento abbandonato, tutta la famiglia ha questa sensazione. Per scappare dai ricordi che ci gettano nello sconforto io e mia moglie abbiamo cambiato casa. Lei non riesce a non pensare al giorno prima della tragedia, quando Mirko era da noi. E d’altronde ricordiamo come fosse ieri quei momenti, quell’odore, la sua voce”.
Le immagini del figlio scorrono come in un film nella mente di Vicari e non si fermano. Si ripetono e chiedono verità. “Lo pensiamo sempre – sottolinea – è come fosse sempre con noi. Lo sarà anche adesso che andremo via per un po’ di tempo da Palermo”. La famiglia di Mirko, infatti, prenderà per alcuni mesi le distanze dal capoluogo e dall’Italia. “Ci sentiamo soli, abbiamo bisogno di riprendere in mano le redini della nostra vita. Nostra figlia minore ha bisogno di noi, è alla ricerca di un lavoro e vogliamo aiutarla in ogni modo. Forse – conclude amareggiato Vicari – allontanandoci dalla città in cui siamo stati sommersi dal dolore e dallo strazio, qualcosa cambierà, troveremo un po’ di serenità”.