I carabinieri erano nel mirino di Cosa nostra nella stagione del 1993, quella della strategia terroristica. Un attentato dinamitardo doveva, infatti, colpire la sede di Palermo della Dia in viale del Fante. La notizia è stata rivelata dal pentito Gaspare Spatuzza ai magistrati palermitani che indagano sulla trattativa Stato-Cosa nostra. Le due dichiarazioni sono contenute nei verbali depositati dal pg Nino Gatto al processo d’Appello al senatore Marcello Dell’Utri in corso a Palermo. Un progetto che è stato accantonato in favore di un attentato da compiere dallo stadio Olimpico di Roma che come bersaglio aveva sempre i carabinieri. Un’autobomba sarebbe dovuta scoppiare al passaggio di una camionetta che trasportava i militari. L’ordine deriva sempre dai fratelli Graviano, capimafia di Brancaccio e l’episodio si colloca dopo la strage di vie dei Georgofili a Firenze.
“Il primo ordine che mi arriva da Giuseppe Graviano – sostiene Spatuzza – era di progettare questo attentato alle torri di viale del Fante”. Per la sua esecuzione si sarebbe fatto uso di un mezzo dei vigili del fuoco carico di esplosivo. L’automezzo si sarebbe dovuto mettere all’ingresso della caserma mentre gli uomini impiegati avrebbero dovuto scavalcare la recinzione e fuggire per via del Carabiniere.
In quel momento l’obiettivo ero lo stato e in via prioritaria il corpo dei carabinieri. “Graviano mi disse – ha detto Spatuzza – che lo scopo primario era di colpire lo Stato, poteva essere anche la polizia, ma per ora c’é l’obiettivo diretto ‘carabinieri’. Il capitano che doveva essere l’obiettivo aveva avuto un ruolo nella cattura di Riina e camminava a bordo di una spider di colore rosso. Per tre volte abbiamo cercato la macchina nel parcheggio vicino alla sede della Dia, ma non l’abbiamo trovata”. L’ufficiale dell’Arma a cui fa riferimento Spatuzza sarebbe “un certo Miranda” e non Sergio De Caprio, il “capitano Ultimo”, che arrestò Riina il 15 gennaio del 1993.