PALERMO – “E se a Roma si decidesse di andare al voto anticipato? Chi garantirebbe quell’accordo?”. Il deputato del Movimento cinque stelle Giorgio Ciaccio ha aggiunto un dubbio ai dubbi. Un fantasma, in effetti, aleggia sulla manovra Finanziaria giunta all’esame dell’Ars, esame che riprenderà questo pomeriggio alle 15 dopo la “raccolta” degli emendamenti presentati fino a ieri sera dai deputati.
Ma quel dubbio intanto, rimane: “Se il governo Renzi non rispettasse l’accordo?”. L’intesa è quella relativa allo “sblocco” di 450 milioni di euro attualmente accantonati, quindi “congelati”. Somme che al momento, nonostante la Finanziaria sia già a Sala d’Ercole, non sono ancora state trasferite in Sicilia visto che non c’è alcun atto ufficiale a ratificare l’accordo. Che succederebbe se, per un motivo o per un altro, quei soldi non dovessero arrivare? E un motivo, a dire il vero, è rimbalzato ieri durante la discussione generale della legge di stabilità. Le difficoltà e le divisioni a Montecitorio sulla legge elettorale hanno portato lo stesso premier a porre, di fatto, la fiducia: “O passa, o si va a votare”. Se davvero accadesse?
Il piano “B”? Un massacro per i Comuni
Il “piano B” sarebbe un massacro. Soprattutto per i Comuni siciliani. Che si vedrebbero privati addirittura della metà dei trasferimenti previsti nella manovra. Quasi 180 dei 355 milioni iscritti in Finanziaria si libereranno solo, come detto, se il governo Renzi darà l’ok. Senza contare che sempre ai Comuni, un emendamento del governo approvato in Commissione bilancio ha anche tolto altri 20 milioni di spese per investimenti, destinandoli agli interventi sulle strade provinciali. Congelati invece 7 milioni dei 19 destinati alle ex Province per la spesa corrente. In questo caso, la spesa per gli investimenti è stata sostanzialmente bloccata: dovrà servire interamente per le strade. E un altro blocco della spesa potrebbe ricadere sempre sui Comuni. È quella destinata al personale precario degli enti locali: congelati 90 dei 246 milioni complessivi.
Sul piatto del contenzioso con lo Stato, ecco anche il futuro di migliaia di lavoratori siciliani. Quasi 50 dei 136 milioni euro stanziati per i Forestali, così come un terzo del finanziamento per i Consorzi di bonifica è vincolato a quell’accordo. E lo stesso vale per gli ex Pip che ieri hanno iniziato la propria protesta (durerà ben quattro giorni) di fronte Palazzo dei Normanni. Chiedono certezze che al momento nemmeno il governo può dare. Solo l’ok di Roma, infatti, libererà quasi 10 dei 27 milioni destinati a loro. Caso simile per Arpa (4 milioni su 11), Eas (4 milioni su 12) e per la società partecipata Servizi ausiliari Sicilia (16 milioni su 45). A rischio anche alcuni stanziamenti destinati a disabili (congelati quattro degli undici milioni stanziati), minori (a rischio 5 dei 14 milioni in finanziaria) e ciechi (618 mila euro sui complessivi 1,7 milioni previsti per la stamperia Braille). Congelata interamente anche la somma di 62 milioni stanziata per il cofinanziamento regionale ai Progetti obiettivo del Piano sanitario nazionale.
Il default mascherato e i residui attivi
L’ironia della sorte vuole, però, che quella cifra che la Regione avrà solo in seguito al via libera del governo centrale, equivale quasi a quella già riconosciuta dalla Corte costituzionale alla Sicilia in una recente sentenza che riguarda le entrate relative alle accise: oltre 400 milioni di euro, appunto, che il governo regionale ha “scelto” di non incassare, rinunciando nel giugno scorso a contenziosi con lo Stato per oltre 4 miliardi. Un tema che è tornato ieri nelle parole degli esponenti di Sicilia Nazione, un movimento autonomista e “anti-Crocetta”, che hanno scelto l’Ars per sentenziare: “La Regione è fallita”.
“Il bilancio – ha attaccato l’economista Massimo Costa – non è veritiero nelle previsioni di crescita economica non allineandosi nemmeno a quelle, già esageratamente ottimistiche del Def nazionale. Le politiche recessive porteranno a un ulteriore recessione di circa il 2 % di Pil”. E ancora, ecco tornare il tema dei residui attivi. In Aula l’assessore all’Economia Baccei ha rivendicato l’opera di “pulizia” del bilancio e di cancellazione delle entrate non più esigibili. “La cancellazione di residui attivi – ha aggiunto però Costa – vedono come parte passiva lo stesso Stato inadempiente al quale la Sicilia sta ‘regalando’ altri cinque miliardi”. Per l’ex assessore all’Economia Armao “la Sicilia è ormai al default non più virtuale, ma effettivo grazie alla incapacità dei governi Crocetta e per colpa di quella bancarotta preferenziale di cui parliamo da mesi nei confronti del governo nazionale”.
Pip, precari, partecipate: le novità della Finanziaria
E i dubbi sul bilancio accompagneranno quelli di una Finanziaria-monstre da ben 102 articoli. Cosa prevede il testo esitato dalla commissione? I primi articoli sono quelli puramente legati alle Finanze. All’articolo 4 è previsto il nuovo mutuo acceso dal governo: 145 milioni che serviranno per gli investimenti di Comuni e Province. Stanziati i fondi per il personale (stabile e a tempo determinato) degli enti in dissesto. Ma la legge di stabilità presenta anche una serie di agevolazioni per alcune categorie. È il caso dei 180 lavoratori del Coinres che potranno transitare, attraverso una norma rivendicata da alcuni deputati come Figuccia (Forza Italia) e Greco (Pds-Mpa), nelle nascenti società deputato alla gestione dei rifiuti. Ecco saltare fuori, poi, nonostante i tempi di “magra”, un milione destinato ai comandati degli assessorati Salute e dell’Economia, oltre che del dipartimento acque e rifiuti. Altri 890 mila euro invece serviranno per garantire le assunzioni dei testimoni di giustizia. Una norma, poi, aprirebbe anche agli ex Pip destinatari di un provvedimento giudiziario per reati gravi di ricevere un contributo regionale. Una clamorosa marcia indietro del governatore che nei mesi scorsi si era dichiarato “inflessibile”. Previsti, poi, ovviamente i contestatissimi tagli a Forestali e personale della Regione, che domani protesteranno in occasione dello sciopero generale indetto unitariamente dalle sigle.
Tra le novità della manovra, poi, quelle che riguardano il tema delle partecipate. Oltre alla scomparsa dei cda e alla scelta di un amministratore unico (per il quale però non varrà più il tetto stipendiale di 50 mila euro), è prevista la nomina di un amministratore delegato. Intanto, il processo di accorpamento e scioglimento delle aziende verrà compiuto attraverso il ricorso a un advisor (o a società esterne) per il costo annuo di 150 mila euro. A proposito di partecipate, poi, in vista, si legge nella legge di stabilità, della sostituzione del personale a tempo determinato della società Sicilia e-Servizi è previsto il trasferimento “in comando” del personale regionale. Creata poi la centrale unica degli acquisti (da dove dovrà passare quasi l’intero approvvigionamento di beni e servizi della Regione), la possibilità dello “sbigliettamento” nei parchi e nelle riserve naturali, l’inventario dei beni immobili della Regione e la possibilità per i concessionari di beni demaniali di “sanare” la propria posizione anche rateizzando il costo delle concessioni non pagate alla Regione negli anni passati. Tutto regge, ovviamente, se lo Stato garantirà alla Regione qui 450 milioni di euro che ancora non ci sono. “Stiamo approvando una manovra – ha protestato ieri il capogruppo del Cantiere popolare Toto Cordaro – sulla base di una promessa orale”. “Per chiudere il bilancio – ha replicato in Aula l’assessore Baccei – abbiamo fatto i miracoli”. Ma adesso “l’inviato speciale” del governo romano dovrà anche convincere Renzi e il suo esecutivo a scongelare qui soldi. Prima, magari, che la legge elettorale faccia saltare tutto in aria.