07 Febbraio 2020, 05:45
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PALERMO – Si torna a parlare del mega-impianto fotovoltaico Agroverde di Gela. C’è un’inchiesta nata da un esposto dell’assessore all’Energia Alberto Pierobon.
È stato lo stesso assessore a parlarne nel corso della sua audizione come persona informata sui fatti nell’indagine sul presunto giro di mazzette pagate da Paolo Arata e Vito Nicastri per ottenere il via libera, mai concesso, alla realizzazione di due impianti per la produzione di energie alternative.
Sotto processo insieme ad Arata – Nicastri ha patteggiato – c’è anche il dirigente regionale Alberto Tinnirello, un tempo responsabile del Servizio III autorizzazioni e concessioni dell’assessorato regionale all’Energia.
Secondo il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Francesca Dessì, un altro funzionario, Giacomo Causarano, pure lui sotto processo, sarebbe stato il collettore delle tangenti – si parla di una cifra di 500 mila euro di cui centomila già pagati – da dividere con Tinnirello.
“Conosco Alberto Tinnirello – ha messo a verbale Pierobon – posso dirvi che una volta l’ex assessore Nicolò Marino (mio precedessore) mi chiese di affrontare il problema di una istanza pendente relativa ad un grosso investimento nel fotovoltaico della Agroverde di Gela”.
Nel settembre del 2018 Pierobon organizzò un incontro con i rappresentanti della cooperativa, il dirigente Salvatore D’Urso, e alcuni rappresentanti del Gabinetto dell’assessore. C’era anche Tinnirello “responsabile della verbalizzazione” dell’incontro che doveva servire a sbloccare il progetto ormai impantanato. Ed è proprio il verbale che nasconderebbe, così ha detto Pierobon, delle anomalie. Dopo qualche tempo l’assessore della giunta Musumeci chiese, infatti, di leggere il resoconto e “notai che mi era stato attribuito un giudizio positivo sul progetto in esame e sulla sua realizzazione, mentre in realtà io avevo fatto solo esprimere i tecnici del mio assessorato e null’altro”.
C’è di più: “Chiesi la correzione del verbale, che poco dopo mi venne restituito senza rettifica e dopo un’ulteriore sollecitazione riscontrai che era già stato comunicato senza la correzione richiesta. A quel punto feci un esposto in Procura”. L’inchiesta è in corso, ma non se ne conoscono i particolari.
Il progetto Agroverde torna dunque alla ribalta della cronaca. Un progetto che prevedeva la costruzione di 107 ettari di serre tecnologicamente avanzate sulle quali montare 550 mila metri quadrati di pannelli solari, in un’area complessiva di 230 ettari che sorge nelle contrade Sant’Antonio, Cappellaio e Bruca, a circa 7 km a nord-est di Gela. Si parlava di 300 milioni di investimenti, fra fondi pubblici e privati, che avrebbero creato sviluppo e lavoro in una fetta di Sicilia troppo spesso dimenticata. Il tutto si è arenato perché la cooperativa non ha mai ottenuto il titolo di proprietà dei terreni. Aveva una sorta di assegnazione da parte del Comune che, però, non si è concretizzata. I soldi dei privati non sono finora arrivati, nonostante ciclicamente si faccia avanti qualcuno che si dice disposto a investire milioni e milioni. Una circolare firmata l’anno scorso da D’Urso ha messo le cose in chiaro: le autorizzazioni vengono rilasciate solo a chi dimostra di avere i requisiti, tecnici ed economici, per mettere in pratica il progetto. E il primo passaggio deve essere l’acquisto dei terreni, già espropriati. La partita degli espropri resta aperta ed è destinata a diventare caotica. Negli anni sul progetto Agroverde ci sono state inchieste e processi, anche per presunte infiltrazioni mafiose, tutti chiusi con archiviazioni e assoluzioni.
La prima pietra fu posata in pompa magna il 6 giugno del 2013 dall’allora presidente della Regione, Rosario Crocetta. Qualcosa non torna: l’assessore Marino, che secondo Pierobon si era interessato al progetto, aveva stigmatizzato l’intraprendenza del senatore Beppe Lumia, ritenuto dagli analisti il vero regista della stagione politica crocettiana. Marino, da noi contattato, nega la circostanza. “Mai parlato di Agroverde con Pierobon”, taglia corto.
Si tratta di un dettaglio. Ciò che conta è l’inchiesta e la presunta manina che verbalizzò il parere positivo dell’assessore per tentare di rimettere i moto il progetto, ma che Pierobon ha negato di avere espresso.
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07 Febbraio 2020, 05:45